La passione per l’arte e per il teatro affonda le radici nel profondo e Enzo Decaro la coltiva sin da quando era bambino. Attore di grande successo, sceneggiatore e cabarettista, ormai da anni è uno dei massimi esponenti della comicità napoletana, con cui ha iniziato la sua carriera ancora giovanissimo. Cinema, televisione, programmi tv, fiction e tanto teatro: nel suo personale palmarès non manca proprio nulla. Sullo sfondo, immancabile l’amore per la sua città, per il calcio e sopratutto per gli azzurri. Per commentare le ultime vicende accadute in casa Napoli, con l’avvicendamento tra Mazzarri e Calzona, Decaro è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Il Napoli prende Calzona: Decaro a Tag24
Il ribaltone avvenuto nelle ultime ore in casa Napoli ha scosso il popolo azzurro, ormai rassegnato sul finale di stagione. Mazzarri non è riuscito ad incidere come si aspettava la società, che per tentare il tutto per tutto, ha deciso di cambiare ancora ingaggiando, per questi mesi finali, Calzona. Il Ct della Slovacchia, che è stato il vice storico di Sarri e Spalletti, ha ottenuto un permesso particolare per poter accettare l’incarico. Conosce già l’ambiente e proverà a cambiare prima di tutto la testa di questi ragazzi, per fargli ritrovare serenità e dinamismo. La corsa Champions può essere ancora ripresa e soprattutto si può fare una bella figura contro il Barcellona, domani sera al Maradona. Questo è il primo obiettivo da centrare. Per commentare la decisione del Napoli di esonerare Mazzarri e prendere Calzona, Decaro, attore, sceneggiatore e noto tifoso azzurro, è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Quella presa dal Napoli è una decisione che fa discutere, viste soprattutto le tempistiche. Tu da che parte stai e come valuti la scelta di mandare via Mazzarri per dare fiducia a Calzona?
“Probabilmente questa è una delle prime cose sensate fatte negli ultimi mesi, non tanto per l’avvicendamento quanto per cercare di dare un segnale e una scossa all’ambiente e alla squadra. Mi sembra evidente che ci fosse un problema nell’umore e nell’approccio in campo dei calciatori. Sono uno di quelli che ha voluto molto bene a Mazzarri nella sua prima esperienza a Napoli, ma in questo ritorno è parso da subito fuori contesto. Per vari motivi, per carità, e non tutti i dipendenti da lui. Siamo però arrivati a un punto della stagione in cui ci troviamo obbligati a considerarla già andata. Mi sembra opportuno provare a dare una scossa emotiva a questa squadra”.
Anche perchè i valori in campo e la qualità non mancano…
“Come tanti napoletani sto rosicando perché sono convinto che questa squadra, centrale di difesa a parte, possa contare sulla rosa più forte di sempre. Nella storia del Napoli non abbiamo mai avuto due titolari per ogni ruolo, com’era ad esempio l’Inter del triplete nell’era Mourinho. Ora speriamo che l’ottimo vice, Calzona, possa avere le motivazioni necessarie e personalità, e possa ricordare ai calciatori come si gioca a pallone. In tutte le gare degli azzurri, anche quelle perse, ci sono stati sempre 10 o 15 minuti in cui questi ragazzi si ribellavano ai moduli e agli schemi e facevano quello che sanno fare. È successo in ogni gara, a parte nel corso dello spettacolo indecente visto contro il Genoa”.
Quindi le responsabilità principali sono della società?
“Io capisco che il presidente De Laurentis a un certo punto ha fosse convinto che questa squadra l’avrebbe potuto allenare chiunque, ma non è così. Serve qualcuno che abbia capacità offensive e sia propositivo. Da Garcia a Mazzarri, chiunque volesse portare qualcosa di diverso avrebbe potuto solo fare peggio. La speranza, da tifoso, è che le cose possano finalmente andare bene. C’è, tra l’altro, una gestione abbastanza scadente anche della comunicazione e non abbiamo fatto buona figura con il mondo. Noi napoletani ci teniamo a queste cose. E’ arrivato il momento di costruire seriamente un vivaio, di cui si parla da 10 anni, ma che non si realizza mai. Non si può giocare sempre sulle scommesse, sarebbe ora che questa squadra cominciasse ad assomigliare anche a questa città, che non molla mai”.
Cosa ti aspetti adesso?
“Vorrei che questa squadra potesse abituarsi a vincere, o quantomeno ad attestarsi costantemente su determinati livelli. Ci eravamo illusi che si sarebbe potuto aprire un ciclo, dopo il campionato vinto lo scorso anno”.
Oggi il primo allenamento guidato da Calzona e, in tutto questo, domani arriva il Barcellona. Ti aspetti una reazione d’orgoglio da parte di questa squadra?
“Non si può chiedere a nessun tecnico di cambiare le cose in 24 ore, né tantomeno in due settimane. Soprattutto se lui dovesse davvero lavorare sulla preparazione atletica, che è mancata in questa stagione, ci vorrà tempo. Mi aspetto però un atteggiamento diverso da parte della squadra. Parliamo di calciatori che guadagnano milioni e sono delle multinazionali, ma spesso ci dimentichiamo che alcuni di loro sono giovanissimi. Vanno sostenuti e motivati. Quello che devono fare lo sanno fare e lo hanno dimostrato, non devono imparare a fare qualcosa, ma devono solo ricordarselo. Mi aspetto il massimo possibile e dobbiamo godercela perché, con questi chiari di luna, non so tra quanto tempo potremo nuovamente incontrare una squadra come il Barcellona in Champions League”.
Quanto può essere importante, in questo senso, il ritorno di Osimhen?
“E’ molto importante, ma quello che deve tornare è tutto il resto della squadra. Noi abbiamo ancora sotto gli occhi i giocatori che ci hanno incantato lo scorso anno e che fatichiamo a riconoscere oggi. Il nigeriano da solo, in una giornata buona, può risolvere la partita. Si deve puntare però sul recupero di tutti quei calciatori che hanno fatto cose meravigliose un anno fa. A volte mi sembra quasi che cerchino di imitare se stessi, senza riuscirci. C’è bisogno della squadra perché i singoli, salvo casi storici, lasciano il tempo che trovano. Tra l’altro Osimhen non si è entrato del cuore della tifoseria, per le vicende che conosciamo. I tifosi sanno bene che fine farà e ora dobbiamo solo pensare a ottenere da lui il meglio. L’importante però è recuperare tutti gli altri giovani campioni, che sono forti, se lo devono ricordare e ce lo devono dimostrare”.