Qual è la differenza tra il viandante e il viaggiatore lo spiega Umberto Galimberti nel suo ultimo libro, edito da Feltrinelli. “L’unica etica possibile – scrive il filosofo – è quella del viandante. A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta. Il suo percorso nomade, tutt’altro che un’anarchica erranza, si fa carico dell’assenza di uno scopo. Il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l’intenzione di trovare qualcosa, la casa, la patria, l’amore, la verità, la salvezza. Cammina per non perdere le figure del paesaggio. E così scopre il vuoto della legge e il sonno della politica, ancora incuranti dell’unica condizione comune all’umanità: come l’Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono uomini di frontiera”. In perenne ricerca.
Umberto Galimberti e gli uomini di frontiera
Come scrive Nietzsche “io sono un viandante che sale su per monti, diceva Zarathustra al suo cuore, io non amo le pianure e, a quanto sembra, non mi riesce di fermarmi a lungo. E, quali siano i destini e le esperienze che io mi trovi a vivere, vi sarà sempre in essi un peregrinare e un salire sui monti: infine non si vive se non con se stessi”. E’ questa è “L’etica del viandante” di Umberto Galimberti.
Stefano Bisi