È stato condannato a 30 anni di carcere per aver ucciso e fatto a pezzi l’ex fidanzata e vicina di casa Carol Maltesi, in arte Charlotte Angie: ecco chi è Davide Fontana. Dal prossimo 21 febbraio si aprirà il processo d’Appello a suo carico.

Chi è Davide Fontana, condannato a 30 anni per l’omicidio di Carol Maltesi

Quando è stato arrestato con l’accusa di omicidio, nel marzo del 2022, Davide Fontana aveva 43 anni e lavorava come impiegato di banca, food blogger e regista amatoriale di filmini porno a Rescaldina, in provincia di Milano. Si stava separando dalla moglie con cui aveva vissuto per vent’anni e a tutti sembrava “tranquillo”.

Oggi di anni ne ha 44 ed è detenuto. I giudici di primo grado lo hanno riconosciuto colpevole e condannato a 30 anni di carcere per aver ucciso e fatto a pezzi l’ex fidanzata e vicina di casa 26enne Carol Maltesi, in arte Charlotte Angie.

Prima si trovava nell’istituto penitenziario di Busto Arsizio. Lo scorso agosto, dopo essere stato aggredito nel sonno da un compagno di cella, riportando gravi ferite alla testa, è stato trasferito a Pavia. Il prossimo 21 febbraio si aprirà il processo d’Appello a suo carico.

La Corte dovrà decidere se confermare la precedente sentenza – che aveva escluso le aggravanti della premeditazione, delle sevizie e dei futili e abietti motivi, riconoscendogli esclusivamente quelle della minorata difesa e del vincolo affettivo e quindi evitandogli l’ergastolo – oppure emetterne una nuova, come hanno chiesto l’accusa e le parti civili, che si aspettano, per lui, il massimo della pena.

Cosa ha fatto Davide Fontana? La ricostruzione del delitto di cui si è macchiato

Agli inquirenti che lo avevano fermato, messo alle strette, Fontana aveva confessato di aver ucciso la 26enne all’inizio di gennaio e di averne fatto a pezzi il corpo con l’aiuto di una sega e di un paio di cesoie dopo aver provato invano a dargli fuoco in un braciere.

Poi ne aveva conservato i resti in un congelatore acquistato online, gettandoli nel dirupo in cui erano stati ritrovati a Borno, nella Bergamasca, a marzo, dopo essersi finto lei per mesi, rispondendo ai messaggi di amici e familiari con il suo telefono cellulare e pagando l’affitto.

Il motivo? Non riusciva ad accettare il fatto che la ragazza volesse lasciare Rescaldina per raggiungere il figlio, che viveva con il padre a Verona, abbandonare il mondo del porno e cambiare vita. L’accusa aveva chiesto di condannarlo all’ergastolo, contestandogli l’omicidio volontario pluriaggravato, la distruzione e l’occultamento di cadavere.

Con la sentenza di primo grado, da molti definita “scioccante”, Fontana è stato condannato, alla fine, a 30 anni di carcere. Secondo i giudici avrebbe agito senza premeditare il delitto, un delitto d’impeto, senza crudeltà – perché non avrebbe inferto alla vittima ferite ulteriori rispetto a quelle necessarie ad ucciderla – e senza i futili e abietti motivi, mosso dalla “consapevolezza di aver perso la donna amata” e dal senso di “frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte” e non da semplice gelosia.

La voglia di giustizia della famiglia

Fontana è stato anche ammesso ad un programma di giustizia riparativa, un istituto introdotto dalla riforma Cartabia che punta ad offrire a particolari detenuti un percorso di recupero e consapevolezza finalizzato a “riparare” il danno commesso. La famiglia della vittima ha però escluso di volerlo incontrare o di voler accettare il suo perdono, facendo sapere di volere giustizia per Carol fino in fondo.