Il deposito di contanti sul conto corrente, sia attraverso un bancomat che presso lo sportello bancario, genera un’operazione tracciabile registrata dalla banca, inclusa nell’Anagrafe dei Rapporti Finanziari, comunemente nota come “Registro dei conti correnti”. Questo database è accessibile all’Agenzia delle Entrate, che lo utilizza per effettuare controlli fiscali sui redditi dei contribuenti. In termini pratici, ciò significa che l’Agenzia delle Entrate può verificare se sono stati versati contanti sul tuo conto. Vediamo ora cosa può fare con queste informazioni.

Cosa succede se verso 5000 euro in contanti in banca?

L’articolo 32 del DPR n. 600 del 1973 stabilisce che ogni deposito di contanti o bonifico in entrata sul conto corrente viene presunto essere reddito tassabile, a meno che il contribuente fornisca una prova contraria. In altre parole, l’Agenzia delle Entrate non è tenuta a dimostrare l’irregolarità dell’operazione; le basta il fatto che ci sia stata un’attività bancaria per presumere che il contribuente abbia ricevuto somme di denaro che avrebbero dovuto essere dichiarate.

Se queste transazioni non sono riportate nella dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate emette una notifica di accertamento, tassando gli importi e applicando eventuali sanzioni. In parole più semplici, ogni deposito di contanti o bonifico sul conto corrente, se non dichiarato, viene automaticamente considerato come evasione fiscale, indipendentemente dall’importo.

La regola precedentemente menzionata si applica indipendentemente dall’importo depositato, da 1 euro in su. Tuttavia, è evidente che l’Agenzia delle Entrate non avvierà un accertamento per somme insignificanti. Ad esempio, chi deposita 50 euro sul conto corrente difficilmente sarà chiamato a fornire spiegazioni o a pagare sanzioni. Questa prassi probabilmente si applica anche per somme di qualche centinaio di euro.

Tuttavia, la situazione cambia significativamente quando l’importo diventa considerevole: un deposito di due o tremila euro potrebbe attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate. Dato l’impossibilità dell’ufficio delle imposte di controllare tutti i conti correnti dei contribuenti, è evidente che non tutti saranno sottoposti ad accertamenti, e alcuni contribuenti potrebbero sfuggire alla verifica. In sintesi, nonostante l’utilizzo di strumenti tecnologici sofisticati, al momento l’Agenzia delle Entrate non è in grado di monitorare tutte le transazioni finanziarie di ogni cittadino italiano.

Come rispondere ad un accertamento fiscale?

Nel caso in cui un contribuente sia soggetto a un accertamento a seguito di aver versato diverse migliaia di euro sul proprio conto, l’unica difesa possibile è dimostrare la legittima provenienza del denaro e la sua non tassabilità. In altre parole, il contribuente deve fornire evidenze che dimostrino che i contanti versati sul conto corrente erano esenti dall’obbligo di dichiarazione. Questa situazione si verifica principalmente in due casi:

  1. Quando i fondi sono stati già soggetti a tassazione alla fonte, come nel caso delle vincite al gioco.
  2. Quando i fondi sono esenti da tassazione, come nel caso di piccole donazioni, risarcimenti o la vendita di beni usati.

Il contribuente è tenuto a fornire prove in tal senso, poiché in mancanza di queste, opera la presunzione a favore del fisco. Nonostante la recente riforma abbia introdotto la possibilità di utilizzare la prova testimoniale nel processo tributario (anche se riportata per iscritto), è sempre preferibile fornire prove documentali con data certa. Un esempio di ciò potrebbe essere un contratto registrato o autenticato dal notaio, come nel caso di una donazione o della vendita di un veicolo usato.