Julian Assange, giornalista, programmatore e cofondatore di WikiLeaks, andrà a processo a Londra: tra domani, martedì 20 febbraio 2024, e dopodomani, mercoledì 21, i membri dell’Alta Corte di Giustizia arnica si riuniranno per decidere le sorti dell’attivista australiano, i cui legali hanno presentato un’istanza di appello per scongiurare la sua estradizione negli Usa.

Julian Assange a processo a Londra: che cosa succederà?

Oggi conosciamo il nome del giornalista australiano, classe 1971. Nel 2010 l’attivista assunse un’ampia notorietà internazionale per aver rivelato tramite il suo sito WikiLeaks alcuni documenti americani secretati, ricevuti da un ex militare e inerenti a pesanti crimini di guerra.

Dall’aprile del 2019 Assange si trova recluso nella prigione Belmarsh di Sua Maestà, nel Regno Unito. È stato incarcerato prima per violazione dei termini della libertà su cauzione conseguenti ad alcune traverse accuse (ora archiviate) e poi per la richiesta giunta dagli Stati Uniti di estradizione nei suoi confronti per l’accusa di cospirazione.

Gli avvocati del fondatore di WikiLeaks stanno lavorando affinché per il loro assistito venga scongiurata l’estradizione negli States. Se però l’appello dei legali non dovesse essere accettato a processo, Julian Assange potrebbe essere trasferito immediatamente.

In America, dove è considerato un “nemico pubblico”, rischia una pena fino a 175 anni di prigione. In tal caso gli rimarrebbe solo la possibilità di fare ricorso alla Corte dei Diritti dell’Uomo.

Nel frattempo i familiari, i colleghi e i sostenitori del giornalista australiano, continuano a chiedere la sua liberazione. Il suo caso, ormai da anni, sta facendo molto discutere. La popolazione si divide in due: c’è chi pensa che il giornalista debba essere condannato e chi, dall’altro lato, crede fermamente nella sua innocenza.

Le accuse ad Assange

Come abbiamo appena riferito, Assange è da circa 5 anni rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, situato in territorio britannico. È in attesa della decisione dei giudici a proposito della sua estradizione richiesta dagli Stati Uniti d’America.

Le accuse che vengono mosse nei suoi confronti sono pesantissime. Tutto risale appunto al 2010 quando egli pubblicò dei documenti top secret che furono intercettati dal Pentagono. Tali documenti riguardavano crimini di guerra commessi in alcuni conflitti internazionali, tra cui quelli in Afghanistan e in Iraq.

Stando alle carte svelate dal fondatore di WikiLeaks, gli autori di questi crimini erano stati appunto gli Stati Uniti ed altri Paesi del mondo.

Così Washington lo accusò del reato di complicità nell’hackeraggio di file del Pentagono e di violazioni della legge sullo spionaggio, l’Espionage Act del 1917. Si tratta di una legge riguardante proprio la diffusione di documenti segreti sui media.

Le preoccupazioni per il futuro del giornalista

A preoccupare i sostenitori di Julian Assange sono diversi elementi. In primo luogo si teme che i giudici britannici possano effettivamente concedere l’estradizione negli Stati Uniti dove rischia anni e anni di prigione.

In secondo luogo la paura è anche per l’eventuale condizione in cui egli potrebbe essere costretto a vivere fino alla fine dei suoi giorni. Secondo diversi attivisti e giornalisti di tutto il mondo, vi è il reale rischio che il giornalista australiano sia sottoposto ad un regime di detenzione degradante.

Sono diverse le organizzazioni internazionali che si sono mosse per chiedere la liberazione del numero uno di WikiLeaks. La paura più grande è che, sei l’attivista australiano dovesse essere imprigionato negli States, molti dei suoi diritti potrebbero non essere rispettati, considerati i crimini di cui è accusato.

In sua difesa, in tutti questi anni, si sono fatte avanti migliaia e migliaia di persone. I sostenitori di Assange riferiscono che il suo unico crimine è stato quello di “rivelare la verità” al mondo intero a proposito di alcuni crimini di guerra commessi.

Questi criticano in particolar modo la reazione di Washington di fronte alla decisione di un libero cittadino, nonché giornalista, di diffondere notizie. Il nocciolo della questione riguarda l’annoso e tanto discusso tema della libertà di stampa.