Da giovedì pomeriggio risultava scomparso; ieri, 16 febbraio, il 23enne Dario De Gennaro, originario di Molfetta, è stato trovato morto dopo la segnalazione di un amico di sei anni più grande che, presentandosi in caserma, ha raccontato ai carabinieri di averlo ucciso a coltellate al culmine di una lite, venendo fermato con l’accusa di omicidio volontario.

Trovato morto a Molfetta il 23enne Dario De Gennaro: risultava scomparso, era stato ucciso

Il 29enne, originario di Bisceglie, si sarebbe presentato spontaneamente in caserma attorno alle 15.30 di ieri pomeriggio e in presenza dei suoi avvocati avrebbe dichiarato davanti ai carabinieri di aver colpito il 23enne Dario De Gennaro, con cui aveva avuto una lite, nella propria abitazione di Molfetta.

Immediatamente i militari si erano mossi per andare a controllare se avesse detto la verità. Al loro arrivo avevano trovato il corpo del giovane riverso sul pavimento dell’abitazione dell’assassino. Stando ai primi accertamenti, sarebbe stato accoltellato.

Resta ignoto il movente. De Gennaro, incensurato, era stato dato per scomparso dai genitori, che nella serata di giovedì sera, non riuscendo a mettersi in contatto con lui, avevano dato l’allarme, chiedendo alle autorità di cercarlo.

Sui social erano a decine i post in cui gli amici e i familiari chiedevano a chiunque potesse averlo avvistato di far avere sue notizie. “Non risponde al telefono, ma squilla dalle 15.30 del 15 febbraio e ad oggi non si trova”, si legge in uno di questi.

“Aiutateci a trovarlo”, recita un altro. “Torna a casa, per favore, siamo tutti in pena per te”, un altro ancora. Appelli pubblicati quando il giovane era già morto. Una notizia terribile, per la comunità di Molfetta, che sperava in un lieto fine della vicenda.

Il commento del sindaco di Molfetta

Siamo vicini ai familiari della vittima. Ogni giorno ascoltiamo dai telegiornali cronaca di questo genere in Italia. Questa accresciuta aggressività è preoccupante e tutti dobbiamo fare in modo di non veicolare modelli negativi di aggressività ma di comprensione e rispetto della persona umana. Esorto tutti a trasmettere modelli positivi di relazioni, perché in questo momento c’è tanta violenza. Come questa, un litigio tra amici che si trasforma in omicidio. È necessaria una riflessione generale,

ha dichiarato il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini. A riportare le sue parole è Il Corriere della Sera.

Tanti i casi di cronaca simili

Sono tanti, in effetti, i casi di cronaca che ogni giorno si registrano sul territorio nazionale per futili motivi, come quelli che avrebbero scatenato l’omicidio di Molfetta. Si pensi al delitto che pochi giorni fa ha sconvolto la comunità di Gioia Sannitica, in provincia di Caserta, dove un 19enne ha aggredito i due fratelli maggiori, di 22 e 24 anni, ferendo gravemente il primo e uccidendo il secondo.

Sembra che avessero litigato mentre la madre era assente e che lui, approfittando di un loro momento di distrazione, abbia impugnato un coltello da cucina, colpendoli entrambi ripetutamente. “Sono stato io”, aveva detto subito dopo il ritrovamento del corpo del fratello morto Danilo Melillo, che dopo il fermo è stato portato in carcere e messo in isolamento.

Non accettava, secondo i conoscenti, che i due fratelli si “intromettessero” nella sua vita privata, spronandolo a lavorare e a socializzare. Una motivazione simile a quella che all’inizio del 2021 aveva portato il body builder 31enne Benno Neumair ad uccidere i genitori Peter e Laura nell’abitazione che condividevano a Bolzano, in cui lui era da poco tornato a stare dopo essere stato sottoposto a un Tso, un Trattamento sanitario obbligatorio, in Germania.

Si rifiutava di farsi curare. E, per via del suo comportamento sempre più irascibile e violento, la madre e il padre tenevano addirittura la porta della loro stanza da letto chiusa a chiave, mentre dormivano: lo temevano. E a buon ragione. Stando alle ricostruzioni, la sera del 4 gennaio di tre anni fa li avrebbe strangolati con un cordino d’arrampicata per poi gettarne i corpi nelle acque del fiume Adige, provando a depistare le indagini. Sia in primo che in secondo grado è stato condannato all’ergastolo.