La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile l’istanza straordinaria con cui i legali di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, consumatosi a Brembate di Sopra nel 2010, chiedevano di poter analizzare i reperti dell’indagine che portò all’arresto e alla successiva condanna del muratore di Mapello, oggi 53enne. “È molto deluso”, ci ha rivelato l’avvocato Claudio Salvagni commentando a caldo la decisione.
Caso Yara, la Cassazione: “no” all’analisi dei reperti per Massimo Bossetti
Il rigetto è arrivato nella mattinata di oggi, 16 febbraio, ma nel corso dell’udienza tenutasi ieri anche la Procura generale si era pronunciata in tal senso, chiedendo che i legali di Massimo Bossetti potessero aver accesso, come stabilito da precedenti decisioni, alla sola visione dei reperti.
Si tratta delle 54 provette contenenti il Dna di “Ignoto 1” rimasto sugli slip e sui leggins che la vittima indossava il giorno dell’omicidio, risultato compatibile – dopo lunghe ed intricate indagini – con il profilo del muratore, che nel 2018 è stato riconosciuto colpevole e condannato in via definitiva all’ergastolo.
Reperti che la difesa non ha mai avuto modo di vedere, né analizzare. Più volte, negli anni trascorsi dalla fine del processo, ne ha fatto richiesta alla Corte d’Assise di Bergamo. E ai suoi ripetuti “no” ha risposto con sei ricorsi in Cassazione. Lo scorso maggio, dopo un primo parere positivo nel 2019, era arrivato l’ok, ma per la sola visione.
L’udienza era stata fissata per il 20 novembre; poi gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini avevano deciso di presentare una nuova istanza. Il loro obiettivo era arrivare ad effettuare nuovi esami per capire se in passato siano stati commessi degli errori ed eventualmente chiedere la revisione del processo a carico del loro assistito, che si è sempre proclamato innocente.
Il commento dell’avvocato Claudio Salvagni
Con la decisione della Cassazione si torna al punto di partenza. “Dire che sono sorpreso è poco, ma devo prendere atto che le sentenze possono riportare anche dei falsi storici”, è stato il commento a caldo dell’avvocato Claudio Salvagni a Tag24.
“Il provvedimento del 27 novembre del 2019 innegabilmente ci autorizzava ad esaminare i reperti, basta leggerlo. La Cassazione ha poi affermato che quel provvedimento – che lei stessa definiva valido, intangibile, irrevocabile e non ridiscutibile – si riferiva alla sola visione dei reperti. Una cosa assolutamente incredibile, che ci aveva portato a fare un ricorso straordinario“, ha spiegato.
E ha poi aggiunto: “Ora è arrivata la decisione di giudicarlo inammissibile. La Cassazione ha cioè avvallato la decisione dell’altra Cassazione, che aveva detto che potevamo vedere i reperti senza toccarli. Certo, vederli potrebbe soddisfare la nostra curiosità di sapere se quantomeno esistono, ma non le nostre finalità investigative-difensive”.
Solo analizzandoli, infatti, la difesa poteva sperare di acquisire elementi utili a chiedere un nuovo dibattimento. “Il processo si fonda solo sul Dna. Se non smontiamo quei risultati non possiamo proporre alcuna revisione. La logica di esaminare i reperti era quella, ma non ci è mai stato permesso. Il sospetto è che contengano qualcosa di pazzesco, altrimenti ce li avrebbero fatti esaminare. Detto questo, sicuramente andremo avanti“, ha concluso l’avvocato.
Dopo aver sentito al telefono il suo assistito, che è recluso nel carcere di Bollate, ci ha poi rivelato: “Massimo Bossetti è in una condizione disperata. È molto deluso”. Lo scorso novembre, attraverso il suo legale, aveva fatto sapere che sempre più persone gli scrivono facendogli sapere di essere convinte della sua innocenza e di sperare che prima o poi venga dimostrata.