È stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ex fidanzata 56enne Alessandra Matteuzzi, consumatosi il 23 agosto del 2022 in via dell’Arcoveggio, a Bologna: ecco chi è Giovanni Padovani. Ex calciatore di Serie D, ha 28 anni e una breve parentesi come modello alle spalle.

Chi è Giovanni Padovani, quanti anni ha e dove giocava come calciatore?

Originario di Senigallia, 28 anni compiuti lo scorso novembre, Giovanni Padovani è noto ai più per il grave reato di cui si è macchiato, ma ha alle spalle un discreto curriculum da calciatore: come difensore ha militato nelle giovanili di Alma Juventus Fano, Ancona e Napoli, con una sola stagione in C nel Gavorrano, in Toscana e diverse presenze in D, prima in Veneto e in Emilia-Romagna, poi in Sicilia.

Alto 1,86 metri, di bell’aspetto, ha lavorato anche come modello, tentando di accedere ai provini per diventare tronista di Uomini e Donne, la trasmissione condotta da Maria De Filippi in cui partecipanti di sesso opposto si corteggiano “alla ricerca di un’anima gemella”. Ieri, 12 febbraio, è stato condannato all’ergastolo perché ritenuto colpevole di aver ucciso l’ex fidanzata 56enne Alessandra Matteuzzi.

I fatti risalgono all’agosto del 2022. Il ragazzo, allora 27enne, aveva aspettato la donna sotto casa in via dell’Arcoveggio, a Bologna, per poi avvicinarla e colpirla con calci e pugni e con un martello e una panchina, fino a lasciarla a terra esanime, nonostante fosse sottoposto a un divieto di avvicinamento nei suoi confronti.

La incolpava di averlo tradito e preso in giro, facendole pesare il fatto di averlo lasciato. La controllava, sui social e nella vita di tutti i giorni, chiedendo alla madre di farle avere sue notizie. Alessandra lo aveva denunciato per stalking, confessando agli inquirenti e ai conoscenti di averne paura. In cuor suo temeva che avrebbe potuto farle del male.

La madre e i messaggi contro Alessandra Matteuzzi

“Non voglio morire”, aveva scritto alla madre del 27enne, raccontandole dei comportamenti persecutori tenuti dal figlio nei suoi confronti e spiegandole di vivere nel timore di fare qualcosa che potesse scatenare la sua rabbia.

Lei, di tutta risposta, le aveva detto di stare tranquilla. Come ha ribadito anche in aula nel corso del processo, “era impossibile”, secondo lei, che Giovanni Padovani potesse diventare pericoloso. “È tutt’altro”, ha riferito quando è stata ascoltata come testimone, dichiarando che la relazione tra i due era “tossica” per colpa di entrambi.

“Non era così matura”, ha aggiunto poi riferendosi ad Alessandra e al fatto che avesse quasi la sua età, scatenando l’ira dei suoi familiari. In dei messaggi inviati al figlio la additava come “il diavolo in persona”. E sembra che gli girasse qualunque messaggio la donna le inviasse.

Un comportamento grave, secondo gli avvocati di parte civile, che come la pubblica accusa alla fine della loro requisitoria avevano invocato l’ergastolo per il figlio. La difesa, dopo aver provato a farlo riconoscere seminfermo di mente – sostenendo che avesse agito a causa di un presunto disturbo schizoide -, aveva invece messo in discussione le aggravanti contestategli, puntando a uno sconto di pena.

Alla fine gli sono state riconosciute tutte: oltre a quella del vincolo affettivo che lo legava alla vittima, quelle dello stalking, dei motivi abietti e futili e della premeditazione. Secondo i periti che lo hanno visitato, infatti, era “lucido e consapevole” di ciò che stava facendo e avrebbe anche avuto la possibilità di fermarsi. Una volta arrestato, finito in carcere, avrebbe poi volutamente esagerato “i sintomi legati a patologie mentali”.