La possibilità di scontare i domiciliari in Italia, per Ilaria Salis, non sembra più così remota e, per suo padre, resta “l’alternativa più appropriata“. Ma Roberto Salis è consapevole che dovrà passare un po’ di tempo per una nuova richiesta ai giudici, in segno di rispetto dei tempi per la magistratura ungherese.

Caso Salis, il padre Roberto sui domiciliari in Italia per “garantire la sicurezza di mia figlia”

La sicurezza di sua figlia.

È la ragione principale che muove la battaglia di Roberto Salis, padre di Ilaria, la maestra 39enne rinchiusa in condizioni indegne in Ungheria. A maggior ragione dopo il murales vergognoso apparso a Budapest, a margine di un raduno neonazista, che ritrae la donna impiccata.

Salis le sta provando tutte per garantire l’incolumità di sua figlia muovendosi attraverso i canali istituzionali e cercando una sponda nel governo che al momento, però, non è ancora arrivata, lasciando soli, come denunciato proprio dal genitore, i familiari della donna.

Adesso il fronte si sposta sulla possibilità di richiedere gli arresti domiciliari in Italia. Una possibilità che sembrava, finora, da escludere e che invece appare percorribile, per quanto non senza difficoltà.

“L’ipotesi dei domiciliari in ambasciata era la più allettante, ma da quello che ci dicono gli avvocati non è vero che non ci possono essere direttamente i domiciliari in Italia: probabilmente l’alternativa più appropriata, se non vengono garantite le condizioni di sicurezza per mia figlia, potrebbe essere proprio insistere su questa richiesta”.

In questo senso, potrebbe essere un segnale incoraggiante le rassicurazioni arrivate dal ‘Commissario per i diritti fondamentali’ ungherese che, su sollecitazione del nostro ‘Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale’, ha dichiarato che monitorerà la “situazione presente e futura” della Salis.

In un’intervista rilasciata al programma ‘Start’, su SkyTg24, Salis, pur dicendosi ovviamente impaziente, spiega però come occorra prudenza. La magistratura ungherese non si è dimostrata, infatti, molto tollerante nei confronti delle richieste avanzate dalla difesa e una nuova istanza relativa al regime cautelare potrebbe fare più danni che altro.

“Sarebbe sbagliato non rispettare i tempi della giustizia ungherese: la richiesta di domiciliari è stata già respinta quattro volte e abbiamo presentato l’ultima l’11 gennaio, ripresentarla troppo presto potrebbe indispettire il giudice“.

“Mia figlia accusata di appartenere a organizzazione ‘Hammerbande’ ma non si capisce perché coinvolta”

I domiciliari in Italia sarebbero possibili sulla base della decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio europeo, del 23 ottobre 2009, secondo cui è possibile eseguire una misura cautelare in uno Stato membro dell’Unione europea. Resta, tuttavia, da stabilire se questo valga anche per le misure ‘detentive’, come nel caso dei domiciliari.

Bisogna avere pazienza“, dichiara Roberto Salis, consapevole anche che nei prossimi giorni la Corte d’appello di Milano si esprimerà sul caso di Gabriele Marchesi, coinvolto nella stessa vicenda di Ilaria Salis ma che sconta i domiciliari a Milano.

Intanto, Ilaria Salis ha potuto avere accesso ai video che mostrerebbero i fatti di cui è accusata, necessari per stabilire le accuse dalla quale è costretta a difendersi. Operazione non facile, dal momento che i filmati sono contenuti in un hard disk da 10 terabyte che, in minuti, corrispondono a circa 5mila film.

Roberto Salis esclude, comunque, che l’impianto accusatorio riguardi l’ipotesi terrorismo ma, piuttosto, la presunta appartenenza di sua figlia a un’organizzazione di estrema sinistra.

“Mia figlia è accusata di appartenenza a organizzazione criminale. Negli atti del processo ci sono 800 pagine di un processo in Germania sull’organizzazione nota come ‘Hammerbande’ nel quale non compare mai il nome di mia figlia, non si capisce perché sia stata coinvolta”.