Questa mattina il segretario di Alternativa Popolare, Stefano Bandecchi, è intervenuto in consiglio comunale per la prima volta a Palazzo Spada, dopo le dimissioni da sindaco di Terni presentate lo scorso 9 Febbraio, spiegando le ragioni della sua decisione, ma soprattutto chiarendo di essere sempre in tempo per ritirarle se le condizioni dovessero consentirglielo.
“Intanto ho dato le dimissioni e i miei problemi interni se li risolveremo ritirerò le mie dimissioni e sennò andrò in Europa e poi a Montecitorio, dimostrando che il mio partito è differente”.
Un consiglio comunale movimentato, come era prevedibile che fosse, e reso ancor più accesso dall’intervento del segretario di Alternativa Popolare che non ha risparmiato accuse all’opposizione e a seguito del quale è stato necessario sgomberare l’Aula e sospendere momentaneamente il dibattito.
Una decisione presa per garantire il rispetto dell’ordine pubblico, come da raccomandazione del Questore, dopo i timori di disordini della vigilia.
Stefano Bandecchi: “Ritirerò le dimissioni se risolveremo i problemi, altrimenti andrò in Europa e a Montecitorio”
Ma veniamo alla cronaca della giornata.
Il consiglio comunale si è aperto poco dopo le 9,30 con l’assenza del primo cittadino e con la richiesta da parte delle opposizioni di sospendere la seduta in attesa dell’arrivo di Bandecchi al quale chiedevano di riferire all’Aula le ragioni delle sue dimissioni. Richiesta che è stata respinta dalla presidente del consiglio comunale Sara Francescangeli.
A spegnere le polemiche – ma solo per un attimo – ci ha pensato l’arrivo del sindaco che, come richiesto dai consiglieri di opposizione, ha preso la parola per spiegare la sua scelta di dimettersi dopo otto mesi di amministrazione. Come sempre non si è tirato indietro davanti alle accuse dell’opposizione, tanto che a fine intervento è stato necessario sospendere la seduta per riportare la calma in aula.
Bandecchi ha ribadito quanto già dichiarato in questi ultimi giorni, ovvero, che alla base della sua decisione di dimettersi ci sarebbero i dissidi interni al suo partito e alla sua maggioranza. Ha però anche chiarito che è pronto a ritornare sui suoi passi e a ritirare le sue dimissioni nel caso di ricomposizione della frattura.
“Il concetto di base è che la mia politica è diversa. Intanto ho dato le dimissioni e i miei problemi interni se li risolveremo ritirerò le mie dimissioni e sennò andrò in Europa e poi a Montecitorio, dimostrando che il mio partito è differente.”
ha spiegato Bandecchi.
Il segretario di Alternativa Popolare: “Nessuno si deve meravigliare che io mi rivolga ai miei elettori. Io non sono il primo cittadino di tutti”
Il sindaco di Terni ha di fatto motivato la sua decisione di dimettersi dalla carica di primo cittadino come un atto di responsabilità nei confronti dei cittadini che lo hanno votato, rivendicando la differenza tra il suo partito e la sua idea di fare politica.
“Come ho già chiarito, ciò che sta succedendo oggi a Terni è solo ciò che io ho promesso a quei 20 mila cittadini che mi hanno votato e cioè una politica nuova, diversa, una politica più rivolta al servizio. Io ritengo che chi è eletto deve servire e lavorare per gli altri. E’ il motivo per il quale quando io cammino in città saluto tutti.”
Stefano Bandecchi, diretto come sempre, rivendica anche il suo non essere il sindaco di tutti, senza ipocrisie e falsità.
“Nessuno si deve meravigliare che io mi rivolga ai miei elettori. Stamattina un cittadino non ha voluto darmi la mano, certo è una cosa brutta, ma lo accetto. I miei cittadini sono quelli che mi hanno votato, a loro io do una risposta. Io non sono il primo cittadino di tutti, perché chi non mi ha votato e non riesce neanche a salutarmi per strada non deve pretendere niente di me.”
Il sindaco dimissionario, infine, chiarisce che le sue dimissioni non sono definitive, ma che nel caso in cui si trovasse costretto a confermarle ciò non lo fermerebbe dal perseguire il suo disegno politico, quello per cui i cittadini lo hanno votato e quello che viene visto come una “speranza” per tanti cittadini italiani.
Parole che hanno naturalmente infiammato l’aula costringendo la presidente del consiglio a sospendere la seduta e a far sgombrare la sala consiliare di Palazzo Spada.
Seduta ripresa dopo una decina di minuti con gli interventi di maggioranza e opposizione successive alle dichiarazioni del primo cittadino.