È ripreso oggi in tribunale a Milano il processo a carico di Alessandro Impagnatiello, il 31enne reo confesso dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, consumatosi lo scorso maggio a Senago. Per l’occasione l’imputato è tornato in aula, prendendo posto nella gabbia situata davanti a giudici e avvocati e tenendo “la testa bassa” davanti alle immagini del ritrovamento del cadavere della 29enne mostrate dai carabinieri che per primi presero parte alle indagini, ora chiamati a testimoniare.
Omicidio Giulia Tramontano, è il giorno della seconda udienza del processo ad Alessandro Impagnatiello
Poco prima che l’udienza iniziasse, la mamma di Giulia Tramontano ha affidato a Instagram i suoi pensieri. Rivolgendosi direttamente alla figlia e al bimbo che portava in grembo da sette mesi ha scritto:
Amore mio, oggi si parlerà di te, di come siete stati strappati alla vita, di come con tutte le tue forze hai cercato la verità a costo della vostra splendida vita. Tu sarai sempre per noi la nostra immensamente Giulia e Thiago il nostro angelo. Lotteremo per te fino all’ultimo.
Le ha fatto eco il papà della 29enne, che sempre sui social è intervenuto con queste parole:
Nulla ci restituirà Giulia, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora affinché sia fatta giustizia per lei e Thiago.
Nel corso dell’ultima udienza, il 22 gennaio scorso, Franco Tramontano – presente in aula insieme alla moglie Loredana e ai figli Chiara e Mario – si era rifiutato di ascoltare le dichiarazioni spontanee rese da Alessandro Impagnatiello in lacrime, uscendo temporaneamente insieme alla figlia.
Oggi a rappresentare l’intera famiglia ci sono un cugino di Giulia e l’avvocato Giovanni Cacciapuoti, che li assiste come parte civile nel processo a carico del 31enne. Processo che è ripreso con l’audizione dei primi testimoni indicati dall’accusa, i carabinieri che verbalizzarono la denuncia di scomparsa presentata da Impagnatiello, prendendo parte alle ricerche che ne seguirono, fino al ritrovamento del cadavere della giovane.
Il primo a prendere la parola è stato il maresciallo Pasquale Afeltre della squadra Omicidi del nucleo investigativo di Senago che, mostrando delle slide, ha ricostruito nel dettaglio le ore a ridosso del delitto e i comportamenti tenuti da Impagnatiello nei giorni successivi, volti a depistare le indagini. Lo stesso hanno fatto il comandante Antonio Caretti e gli altri due militari intervenuti.
La ricostruzione del delitto fatta dai carabinieri
Impagnatiello è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e vincolo affettivo, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza. Il 27 maggio del 2023, dopo aver aspettato che la compagna rincasasse dall’incontro che aveva organizzato con l’altra ragazza che lui frequentava all’insaputa di entrambe (e che da poco l’aveva scoperto, mettendo in guardia Giulia), l’aveva colta di sorpresa mentre era di spalle, colpendola con 37 coltellate tra la cucina e il salotto dell’appartamento in cui convivevano.
Poi aveva provato a bruciarne il corpo nella vasca da bagno e in un box auto, tenendolo nascosto per qualche giorno. Il 30 maggio, dopo averlo caricato nel bagagliaio del suo T-Roc, l’aveva abbandonato dietro all’intercapedine di un garage di via Monte Rosa, a circa mezzo chilometro dall’appartamento. Nel frattempo ne aveva denunciato la scomparsa, sostenendo che si fosse allontanata volontariamente, a piedi, mentre lui era a lavoro. Continuava a scriverle e a chiederle dove fosse, passando al setaccio i bar vicino casa per sapere se qualche telecamera l’avesse inquadrata. Intanto, fingendosi lei, con il suo telefono rispondeva ai messaggi di chi le scriveva per tranquillizzarli.
Nel corso di una perquisizione in casa da parte della scientifica, sentendosi messo alle strette, aveva poi confessato l’omicidio, accompagnando gli inquirenti sul luogo del ritrovamento. Gli accertamenti hanno dimostrato che per mesi aveva tentato di avvelenare la 29enne, somministrandole i topicidi, l’ammoniaca e il cloroformio che aveva acquistato online sotto falso nome dopo aver cercato quali effetti avessero sul feto. Interrogato, aveva detto di aver agito “senza motivo”. Rischia il massimo della pena, l’ergastolo.
Gli altri testimoni ascoltati in aula
Ho sentito gridare, una voce alta di una donna. Non era un grido di dolore, era quella di una litigata che dopo neanche due minuti è finita,
ha dichiarato in aula una vicina di casa della coppia sentita come testimone insieme al titolare della società di pulizie che ogni martedì e venerdì lavora nella palazzina in cui si è consumato il delitto.
Ho sentito il rumore di trascinamento, come di un sacco pesante perché non era continuo, avvenuto in due momenti diversi tra le cantine e il box,
ha detto rispondendo alle domande della pm Alessia Menegazzo e della procuratrice aggiunta Letizia Mannella, che hanno citato come teste per la prossima udienza, fissata per il 7 marzo, anche la madre della vittima e la ragazzo italo-americana con cui Impagnatiello aveva una relazione.