Al termine di poco più di un’ora di camera di consiglio i giudici della Corte d’Assise di Bologna hanno condannato all’ergastolo Giovanni Padovani, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, consumatosi nell’agosto del 2022 in via dell’Arcoveggio. È ciò che avevano chiesto la pubblica accusa e le parti civili, incluso l’avvocato Antonio Petroncini, che assiste la sorella e la madre della vittima e che in aula, parlando di “premeditazione condizionata” e chiedendo “giustizia per tutte le Alessandre”, questa mattina aveva dichiarato:

Padovani aveva già deciso di uccidere Alessandra se non si fosse piegata al suo volere di continuare a stare con lui e, quando ha capito che non sarebbe successo, di fatto l’ha uccisa […]. Se Alessandra avesse deciso di riprendere il rapporto sentimentale con Padovani, lui le avrebbe risparmiato la vita.

Subito dopo la fine delle repliche, prima che la Corte si riunisse per discutere e deliberare, l’imputato – arrivato in tribunale dal carcere di Reggio Emilia in cui è recluso dal giorno del suo arresto – aveva rilasciato le seguenti dichiarazioni:

Se ero completamente lucido e capace merito l’ergastolo. Ma se voi valuterete che c’è qualcosa di anormale, di anomalo, nelle mie condotte, allora no. Io non stavo bene, una persona che sta bene non ammazza un altro essere umano. Mi trovo in un incubo, mi dispiace, questo è un fardello pesante da portarsi dietro più del carcere. Quando perdi la capacità di vedere le cose con lucidità, puoi commettere l’irreparabile. Avevo tanto da perdere e Alessandra anche ha perso tanto. Qui oggi non vince nessuno.

Omicidio Alessandra Matteuzzi, la sentenza: Giovanni Padovani condannato all’ergastolo

L’ex calciatore, oggi 28enne, era accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili e abietti motivi, dal vincolo affettivo che lo legava alla vittima e dallo stalking per aver ucciso, colpendola con calci e pugni e con un martello e una panchina l’ex fidanzata 56enne Alessandra Matteuzzi, che da poco lo aveva lasciato.

Dopo aver provato a farlo riconoscere seminfermo di mente – sostenendo che al momento dei fatti non fosse totalmente capace di intendere e di volere a causa del presunto disturbo schizoide di cui soffre – il legale che lo difende, l’avvocato Gabriele Bordoni, aveva messo in discussione l’aggravante dei motivi futili e abietti e quella della premeditazione, chiedendo almeno la concessione delle attenuanti.

Nel farlo, nel corso dell’ultima udienza, aveva citato la sentenza, molto contestata (e poi annullata in Appello bis e dalla Cassazione), con cui la Corte d’Appello di Bologna nel 2019 aveva dimezzato da 30 a 16 anni la pena inflitta a Michele Castaldo, giudicato colpevole di aver ucciso l’ex Olga Matei, ma in preda a una “soverchiante tempesta emotiva e passionale” dovuta alla sua gelosia.

A volte ci sono vicende come questa che non hanno logica, e non avendo logica devono essere interpretate non come una tempesta emotiva, ma come una proiezione esasperata di un disturbo latente in questo ragazzo,

aveva detto il legale. I periti nominati dai giudici avevano però stabilito che quando aggredì a morte l’ex, Giovanni Padovani “era lucido” e che poi avrebbe volutamente esagerato i “sintomi legati a patalogie mentali”, forse per ottenere uno sconto di pena. Alla fine gli sono state riconosciute tutte le aggravanti e il massimo della pena.

Dovrà inoltre risarcire, con provvisionali immediatamente esecutive, la madre e la sorella della vittima con 100 mila euro ciascuna e con 5 mila euro le restanti parti civili, tra cui i due cugini della vittima. Il loro legale, l’avvocata Chiara Rinaldi, ha dichiarato che “la giustizia ha fatto il proprio corso“.

La ricostruzione del delitto

Stando a quanto ricostruito dall’accusa, Giovanni Padovani “voleva ridurre Alessandra a una cosa priva di autonomia e anima”, sottoponendola al suo controllo perché ne era geloso fino all’ossessione. Lei lo aveva anche denunciato. Ne aveva paura, temeva che prima o poi avrebbe potuto farle del male, come aveva confessato alla madre.

A buon ragione, con il senno di poi. Il 23 agosto del 2022, dopo averla aspettata armato sotto casa, il 27enne – incurante del suo divieto di avvicinamento – l’aveva infatti colta di sorpresa, colpendola ripetutamente mentre era al telefono con la sorella Stefania nei pressi della sua abitazione di via dell’Arcoveggio, a Bologna.

Sentendo le sue urla e le sue richieste di aiuto, dei vicini erano accorsi in strada ad aiutarla, riuscendo momentaneamente ad allontanare Padovani, che poi, con la scusa di controllare se stesse bene, le si era avvicinato e aveva preso nuovamente ad aggredirla, rimproverandole il fatto di averlo tradito e “preso in giro” e additandola come una “putt**a”.

Poco dopo era stato arrestato e trasferito in carcere. Alessandra invece era morta per l’emorragia dovuta allo sfondamento del cranio riportata durante il pestaggio insieme a moltiplici e gravi fratture e lesioni su diverse parti del corpo. “Alessandra non c’è più, mia sorella non c’è più“, ha dichiarato la sorella dopo la lettura della sentenza, scoppiando in un pianto liberatorio. In aula era presente anche il sindaco del comune di Bologna, costituitosi parte civile insieme a quattro associazioni antiviolenza.