Per la gran parte degli individui, il saldo sul conto corrente rappresenta l’aggregato di tutte le entrate e uscite, dato che comunemente riceviamo l’accredito dello stipendio e addebitiamo le bollette direttamente sul conto. Tuttavia, la problematica sorge quando tale somma rimane statica: un’opzione certamente comoda, ma sotto l’aspetto economico poco vantaggiosa.

Quanti soldi è meglio tenere sul conto corrente?

Gli esperti suggeriscono di conservare sul conto corrente il denaro sufficiente per coprire le spese di sei mesi, oltre a una somma extra per affrontare eventuali imprevisti. Questo non si riferisce a tutte le spese, ma esclusivamente a quelle essenziali, come bollette, mutuo, abbonamenti per mezzi pubblici, spese alimentari e di base per il tempo libero. Pertanto, se una famiglia spende mensilmente 1.250 euro, dovrebbe mantenere circa 7.500 euro sul conto corrente. Va precisato che questo calcolo è approssimativo e non tiene conto di molte variabili, ma il concetto di base rimane invariato: è consigliabile mantenere sul conto solo l’indispensabile e investire il resto in altre modalità.

Un altro approccio per valutare la quantità di denaro da mantenere sul conto riguarda le soglie massime da non superare. Ad esempio, non tutti sono consapevoli che i conti correnti con una giacenza media annuale inferiore a 5.000 euro sono esenti dall’imposta di bollo, attualmente fissata a 34,20 euro all’anno. Sebbene possa sembrare una somma modesta, moltiplicarla per 10 o 15 anni evidenzia che si tratta di denaro che potrebbe essere impiegato in modo diverso.

Chi ha una famiglia numerosa o affronta spese mensili elevate potrebbe trovare difficile mantenere la giacenza media al di sotto dei 5.000 euro. Inoltre, è essenziale considerare la soglia dei 100.000 euro, limite massimo di copertura offerto dal FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi) in caso di liquidazione coatta amministrativa della banca. Eventi passati, come il crack di Lehman Brothers o il default dell’Argentina, ci insegnano che il rischio di credito riguarda tutti, inclusi Stati e istituti bancari. Lasciare somme significative sul conto corrente mette a rischio i risparmi e i progetti futuri.

Riflettendo su episodi storici, vale la pena ricordare la patrimoniale sui conti correnti nel luglio del 1992, quando il governo italiano impose un prelievo forzoso dello 0,6% sui capitali per affrontare una manovra correttiva. Sebbene situazioni simili siano rare, l’incertezza economica attuale suggerisce di considerare attentamente la gestione dei propri risparmi per evitare di trovarsi impreparati in caso di una possibile crisi finanziaria.

Quanto costa tenere i soldi fermi sul conto corrente?

Mantenere i fondi sul conto corrente può comportare costi notevoli, e sebbene la tassa patrimoniale rappresenti un caso estremo, i nostri capitali subiscono annualmente un’erosione graduale ma costante. Ciò è principalmente dovuto a quattro motivi principali:

  1. Interessi minimali sulle giacenze: È noto che gli istituti bancari offrano interessi molto ridotti, spesso prossimi allo zero. Un capitale che non genera interessi è destinato a diminuire nel tempo. Inoltre, mantenere una somma considerevole sul conto corrente significa rinunciare all’opportunità di investire in prodotti più redditizi, anche senza necessariamente adottare strategie di investimento complesse. A volte, anche il semplice trasferimento di parte del capitale su un conto deposito può fare la differenza.
  2. Tassazione significativa sugli interessi: Oltre agli interessi bassi, gli investimenti sul conto corrente sono soggetti a una ritenuta fiscale del 26%, prelevata direttamente dalla Banca.
  3. Imposta di bollo: Come già menzionato, per i conti correnti intestati a persone fisiche con una giacenza media superiore ai 5000 euro, si applica un’imposta di bollo annuale di 34,20 euro. Tuttavia, questa imposta colpisce anche i conti correnti a nome di persone giuridiche, con un importo di 100 euro.
  4. Inflazione che svaluta il capitale: Abbiamo discusso in varie occasioni dell’effetto considerevole dell’inflazione sul panorama economico generale e sul nostro potere d’acquisto. A titolo di esempio, un’inflazione al 2% può ridurre il valore dei nostri fondi del 30% in soli 20 anni, rappresentando quindi una sorta di tassa implicita sul conto corrente.

Cosa fare con il resto dei soldi? 

Dopo aver esaminato le pratiche da evitare e i principali rischi legati alla conservazione di notevoli somme sul conto corrente, concentriamoci ora sulle azioni da intraprendere con il resto dei fondi. Se l’obiettivo è far fruttare il capitale o, almeno, preservarne il valore nel tempo, riteniamo che la strategia ottimale si articoli in due fasi complementari: la pianificazione finanziaria e la diversificazione degli investimenti.

  • Pianificazione finanziaria. In modo conciso, prima di decidere come impiegare il proprio capitale, è essenziale costruirlo. Questo non riguarda solo la massimizzazione delle entrate, ad esempio migliorando la carriera professionale o generando reddito da un immobile inutilizzato, ma anche la gestione oculata delle spese. La creazione di un budget familiare, l’elaborazione di un piano di risparmio mensile, la protezione da possibili imprevisti e la conoscenza anticipata delle spese future sono tutte attività fondamentali per una pianificazione finanziaria efficace. Tale approccio consente di soddisfare sia le necessità di base che quelle superflue, mantenendo sotto controllo la situazione economica complessiva.
  • Diversificazione degli investimenti. Chi segue le nostre pagine conosce bene il concetto di “diversificazione”, una delle nostre parole chiave. Solo attraverso la distribuzione del proprio capitale – ovvero diversificandolo – è possibile massimizzare le opportunità di rendimento e aumentare la sicurezza, poiché un risultato positivo può compensare uno negativo.