La privacy è uno dei cardini su cui si reggono le criptovalute. Teorizzata da Satoshi Nakamoto come caratteristica di Bitcoin, la riservatezza delle transazioni è diventata un vero e proprio spettro per le autorità monetarie, con il trascorrere del tempo.
A renderla tale il fatto che una parte del mondo crypto abbia deciso di pigiare il piede sull’acceleratore in direzione dell’anonimato. Nel farlo ha utilizzato una serie di strumenti, a partire dalle privacy coin. Ad esse, nel corso degli ultimi anni si sono andati ad aggiungere i mixer di criptovalute.
Mixer di criptovalute: cosa sono e cosa si propongono
Per mixer di criptovalute si intendono gli strumenti che vanno a mescolare fondi digitali e di altro genere. Nel farlo si propongono di impedire che i fondi trasferiti possano essere tracciati, regalando in definitiva ai loro utenti il desiderato anonimato.
Si tratta in genere di servizi autonomi disponibili al pubblico i quali utilizzano mezzi di comunicazione anonimi. Inoltre, non conservano i registri relativi alle transazioni dei clienti oltre un certo arco temporale. Basta aprire un account, senza alcuna verifica KYC, per poterne usufruire.
Il loro proposito, quindi, è quello di garantire ai propri utenti un trasferimento di fondi in grado di impedire che gli stessi possano essere tracciati. Proprio per questo motivo, con l’avanzata del tempo, sono diventati una vera e propria bestia nera per le autorità monetarie, come dimostra il caso Tornado Cash.
Come funzionano i mixer di criptovalute?
I mixer crittografici sono programmi congegnati con un semplice scopo: mescolare una certa quantità di valuta virtuale all’interno di pool privati, prima di operare il trasferimento definitivo ai destinatari designati.
Il procedimento è quindi abbastanza semplice: prendono la criptovaluta che si desidera trasferire preservando la privacy nel corso dell’operazione, mescolandola con un determinato quantitativo di altro asset virtuale. Una volta condotta questa operazione preliminare provvedono a restituire la stessa criptovaluta di partenza, ma in più operazioni, presso il wallet indicato dall’utente. Per farlo si ritagliano una commissione che può variare tra l’1 e il 3%.
Il problema che discende da questo modus operandi è molto semplice: se non è detto che chi utilizza i mixer sia un criminale, non di meno l’operazione che mette in campo potrebbe violare le leggi. A sostenerlo è in particolare l’ex vice procuratore generale degli Stati Uniti Brian Benczkowski.
I crypto mixer sono illegali?
I mixer di criptovaluta sono classificati come trasmettitori di denaro dal Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN), ai sensi del Bank Secrecy Act (BSA). Di conseguenza, sono obbligati a registrarsi al suo interno e mettere in campo un programma di conformità alle norme anti-riciclaggio.
A questo primo obbligo, ne segue un secondo: devono richiedere una licenza stato per stato per poter condurre la propria attività. Chi non lo fa, si pone fuori dal recinto legislativo, con conseguenze di vasto raggio.
Nel corso del 2020, proprio FinCEN ha sanzionato Helix e Coin Ninja, in quanto portavano avanti la propria attività senza essersi registrati per poterla proporre alla clientela. Mentre nell’anno successivo è stato il Department of Justice ad arrestare e accusare i responsabili di Bitcoin Fog, per riciclaggio di denaro e gestione di un’attività tesa alla trasmissione di fondi senza licenza.
Il caso Tornado Cash
Ancora più clamore ha però sollevato la questione relativa a Tornado Cash. Il mixer in questione è stato infatti oggetto di una vera e proprio caccia da parte delle autorità statunitensi. Il passato 23 agosto, infatti, l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Tesoro degli Stati Uniti ha aggiunto Roman Semenov, uno dei co-fondatori della piattaforma, all’elenco delle Specially Designated Nationals and Blocked Persons (SDN). Mentre un altro co-fondatore, Roman Storm, è stato arrestato dal Federal Bureau of Investigation e dalla divisione Criminal Investigation dell’Internal Revenue Service nello Stato di Washington.
I due, stando all’atto d’accusa reso noto lo stesso giorno, sono stati accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro, alla violazione delle sanzioni e alla gestione di un’attività di trasmissione di denaro non autorizzata. Per capire la gravità delle accuse, basterà ricordare che i primi due capi d’accusa possono culminare in una pena massima di 20 anni di reclusione ciascuno. Mentre è più lieve la pena detentiva per il terzo, che può arrivare sino a un quinquennio.
Il terzo co-fondatore di Tornado Cash, Alexey Pertsev, è sua volta stato arrestato nell’agosto del 2022, nei Paesi Bassi, con l’accusa di riciclaggio di denaro. Una vicenda la quale fa capire come la questione dei mixer di criptovalute sia destinata a far parlare ancora molto.