Perché Sarah Scazzi è stata uccisa e da chi? Sono solo alcuni degli interrogativi che ancora ruotano attorno alla storia della 15enne, salita alla ribalta delle cronache con il nome di “delitto di Avetrana”. Per raccontarla dobbiamo fare un passo indietro.
Perché Sarah Scazzi è stata uccisa e da chi? La storia
Era il 26 agosto 2010. Una giornata torrida ad Avetrana, il piccolo paese in provincia di Taranto dove Sarah Scazzi viveva. Aveva 15 anni e frequentava l’Istituto alberghiero. Attorno alle 14.30 era uscita di casa dicendo alla madre Concetta Serrano Spagnolo che si sarebbe recata a casa della cugina Sabrina Misseri e che poi insieme sarebbero andate in spiaggia.
Nonostante la differenza d’età (Sabrina aveva 22 anni), le due erano molto legate e uscivano spesso insieme. Da un po’, però, nel loro rapporto qualcosa era cambiato. Nessuno lo sapeva. Lo si sarebbe scoperto diverso tempo dopo: Sabrina si era innamorata di un giovane cuoco, Ivano Russo, ed era gelosa del rapporto di amicizia che quest’ultimo aveva instaurato con la cugina più piccola, arrivando a farle delle confidenze che la riguardavano e che la 15enne aveva a sua volta rivelato ad altre persone, dando adito a pettegolezzi e maldicenze.
Secondo i giudici che l’hanno condannata all’ergastolo insieme alla madre Cosima Serrano, per questo l’avrebbe uccisa. Quando Sarah non aveva fatto ritorno a casa, quella sera Sabrina aveva detto alla zia Concetta di non averla incontrata, come se la 15enne non si fosse mai presentata all’appuntamento che avevano concordato.
Gli inquirenti avevano quindi ipotizzato che, nel tragitto verso l’abitazione degli zii, qualcuno l’avesse rapita a scopo di estorsione oppure che la giovane si fosse allontanata volontariamente, seguendo qualche ragazzo più grande o con l’intento di raggiungere qualche altro membro della sua famiglia. Sembrava strano, però, che non avesse provato a mettersi in contatto con la madre, scomparendo nel nulla.
Le indagini, gli arresti, le condanne
Quando le ricerche erano iniziate, Sarah era già morta. Era stata uccisa. La svolta sarebbe arrivata solo un mese più tardi, il 29 settembre, quando lo zio Michele Misseri, il padre di Sabrina, avrebbe raccontato di aver trovato il suo telefono cellulare in un terreno di campagna di proprietà della famiglia, spento, senza batteria e senza sim.
Qualche giorno più tardi l’uomo si sarebbe accusato del suo omicidio, sostenendo di averla uccisa e di averne abusato sessualmente quando era già morta, gettandone il corpo in un pozzo poco lontano dalla sua abitazione. Non era vero: le indagini e i tre gradi di giudizio avrebbero dimostrato che ad uccidere la 15enne erano state la figlia e la moglie e che lui, essendone succube, aveva solo cercato di proteggerle.
Le due l’avevano attirata in una trappola e strangolata con una cintura. Michele Misseri le aveva solo aiutate a spostare il corpo in garage e poi sul luogo del ritrovamento. Questa la verità secondo i giudici, che lo hanno condannato a 8 anni di carcere: domani, 11 febbraio 2024, uscirà e tornerà nella sua casa di Avetrana, ma a chi gli chiede come siano andate le cose quel pomeriggio di agosto Misseri continua a ripetere di essere colpevole.
“Ho ucciso io mia nipote”, dichiara, mentre Sabrina e Concetta si proclamano innocenti. Il legale che lo assiste, l’avvocato Luca La Tanza, ha spiegato, nel corso dell’ultima puntata di Quarto Grado, che “spera sempre che dal punto di vista processuale possa esserci un cambiamento”, cioè che le donne della sua vita possano essere scagionate e tornare in libertà.