A Reggio Calabria, all’interno del greto del torrente Valanidi, sono state scoperte tonnellate di rifiuti speciali. In totale erano oltre 5mila. Lo hanno scoperto i carabinieri della città calabrese che oggi, alle prime ore del mattina, hanno eseguito ordinanze di misure cautelare personali e reali nei confronti di cinque uomini. Essi sono ritenuti responsabili di far parte di un’associazione finalizzata al traffico illecito di rifiuti (e non solo).
Reggio Calabria, tonnellate di rifiuti speciali sversati nel torrente: che cos’è successo
I soggetti fermati all’alba di oggi, sabato 10 febbraio 2024, hanno tutti un’età compresa tra i 35 e i 65 anni. Si tratta di uomini che risultano essere sia titolari sia dipendenti di un’azienda che opera nel settore delle attività di demolizione e movimento terra.
I cinque, secondo le accuse, farebbero parte di un gruppo ben organizzato che si dedicherebbe ad attività illecite riguardanti il traffico di rifiuti. Essi sono ritenuti responsabili di aver sversato 5mila tonnellate di rifiuti speciali in un torrente a Reggio Calabria.
Le accuse che vengono loro contestate sono anche di disastro, di inquinamento ambientale, di attività di gestione di rifiuti non autorizzata e infine di occupazione abusiva di suolo pubblico. Ora i cinque soggetti, che al momento risultano essere indagati, dovranno rispondere ad accuse e domande da parte degli investigatori.
L’operazione di oggi
Le indagini riguardo a tale vicenda avevano preso il via a gennaio dello scorso anno e si erano concluse ad aprile 2023. Le attività investigative, lunghe ed articolate, sono state condotte dai membri della stazione di Rosario Valanidi della compagnia di Reggio Calabria.
A coordinare il tutto è stata la Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione distrettuale antimafia, diretta dal professor Giovanni Bombardieri. Poi questa mattina i militari dell’Arma hanno proseguito con la notifica per i cinque soggetti delle misure cautelari personali.
I carabinieri avevano iniziato prima a fare una serie di accertamenti che hanno compreso diversi sopralluoghi. Proprio durante questi ultimi, gli esperti avevano notato il presunto sfruttamento del torrente Valanidi da parte della società edile.
Secondo le accuse, tale azienda avrebbe gestito tonnellate di rifiuti speciali in modo illecito. Nello specifico avrebbe agito in assenza di concessioni e autorizzazioni ambientali. Il gruppo avrebbe ricevuto e trasportato abusivamente all’interno del proprio cantiere significativi ed ingenti quantitativi di inerti provenienti anche da terzi.
Avrebbe fatto ciò mediate l’utilizzo di false attestazioni. In tal modo avrebbe, stando sempre alle accuse, ottenuto illeciti profitti. Infine avrebbe eluso, di proposito, la prevista tracciabilità dell’origine, natura e destinazione.
Ad ottobre scorso avevamo parlato di 11 soggetti arrestati a Roma per traffico illecito di rifiuti e riciclaggio.
Le “discariche a cielo aperto”
I carabinieri hanno contestato ai cinque indagati di aver creato una vera e propria “discarica a cielo aperto” nell’alveo del fiume per circa un chilometro. Avrebbero, nel corso dei mesi, grazie all’utilizzo di mezzi pesanti aziendali, proceduto con svariate operazioni di scarico (si parla di circa 100 al mese!) all’interno del greto del torrente Valanidi.
Sembra trattarsi di materiale inerte e relativi residui fangosi, scarti da cantieri edili e demolizione, per un totale di oltre 5mila tonnellate. E non è finita qui.
Secondo le accuse, la società avrebbe, con i proprio mezzi speciali ed escavatori, sottratto il pietrisco del torrente per reimpiegarlo in un secondo momento nelle lavorazioni. Come si legge nella nota dei carabinieri di Reggio Calabria, dalle analisi e dalle perizie tecnica nel luogo interessato è emersa chiaramente la “compromissione della morfologia naturale del sito”.
Tale compromissione sarebbe dovuta propria alle “operazioni in trattazione”. Queste ultime, a loro volta, sembrano aver portato all’incremento della possibilità di esondazioni, all’aumento del rischio igienico sanitario, alla deturpazione dell’area e a svariati danni fluviali.
I carabinieri questa mattina hanno sequestrato preventivamente l’intero patrimonio della ditta coinvolta. È emerso infine che, come si legge nella nota:
In passato erano già incorsi in provvedimenti antimafia che hanno portato alla confisca di precedente società operante nello stesso settore e riconducibile a locali cosche di ‘ndrangheta.