Si tratterebbe di un nuovo episodio di caporalato, estorsione e immigrazione illegale quanto accaduto a una cooperativa di Vigonza, in provincia di Padova. La struttura è stata sottoposta a sequestro e il titolare indagato per sfruttamento di migranti irregolari.

Caporalato e immigrazione illegale a Padova

Il giudice per le indagini preliminare di Padova, in coordinazione con l’Ispettorato del Lavoro e gli agenti della squadra mobile hanno messo in atto il sequestro di una cooperativa. Il titolare della struttura è un 48enne padovano finito sotto inchiesta per violazione delle norme relative a immigrazione, caporalato e estorsione.

L’uomo, infatti, era presidente della cooperativa fino allo scorso dicembre e aveva partecipato a diversi appalti, fra i quali quello della Prefettura del capoluogo veneto, per l’accoglienza straordinaria (CAS). Dunque, aveva sfruttato 19 cittadini stranieri per svolgere mansioni di manodopera, assemblaggio e etichettatura, senza alcun tipo di retribuzione, formazione, assistenza e alloggiati in strutture di fortuna.

I lavoratori, originari di Mali, Burkina Faso, Senegal, Costa D’Avorio e Guinea, erano costretti a vivere in condizioni gravissime: carenza di cibo, di abiti e scarpe e medicine. Erano arrivati irregolarmente in Italia nell’aprile del 2023 e richiedevano asilo in attesa di ottenere il regolare permesso di soggiorno.

I 19 dipendenti avevano trovato assegnazione presso una cooperativa che si trovava nello stesso stabile di quella incriminata. Approfittando della fragilità della loro condizione, il titolare li avrebbe costretti, sotto minaccia, a firmare un contratto di apprendistato della durata di tre mesi. In caso di rifiuto, il 48enne avrebbe intimorito i cittadini stranieri negando loro l’ospitalità e l’inoltro della formalizzazione delle istanza per il permesso di soggiorno presso la Questura padovana.

Le indagini

Le indagini sono scattate a seguito della perquisizione domiciliare di un cittadino tunisino, che risultava espulso dall’Italia dal giugno del 2019, ma rientrato illegalmente. Durante la perquisizione, infatti, gli agenti hanno accertato l’assunzione dell’uomo presso la cooperativa di Vigonza e sono, così, risaliti alla rete di sfruttamento in corso.

Dall’inchiesta è emerso che la cooperativa avesse altre due sedi a Pianiga e nel carcere di Rovigo, sempre con un elevato numero di dipendenti stranieri, dei quali soltanto alcuni avevano i requisiti necessari per poter rimanere sul suolo italiano.

La Procura ha scoperto l’esistenza di due cooperative: la seconda gestiva formalmente il CAS (centro per l’accoglienza straordinaria), in quanto aggiudicataria dell’appalto, ma che 16 ospiti erano di fatto impiegati dalla prima cooperativa finita sotto inchiesta.

I cittadini stranieri hanno testimoniato le vessazioni e le minacce subite, affinché lavorassero senza retribuzione presso la cooperativa. Gli agenti hanno accertato che gli ospiti erano costretti a vivere in condizioni igieni-sanitarie pessime, senza visite mediche e in totale degrado fisico, materiale e lesivo della dignità umana.