La separazione tra coniugi non riguarda solo la fine di un rapporto tra adulti, ma spesso comporta decisioni cruciali riguardanti il futuro e il benessere dei figli minori. In questo contesto, due aspetti fondamentali sono l’affidamento e il collocamento dei figli, termini che delineano le modalità attraverso le quali i genitori continueranno a esercitare le loro responsabilità parentali post-separazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha però stabilito che i figli possono ora scegliere il genitore con cui stare.

Separazione e divorzio: l’affidamento condiviso dei figli

Nel panorama giuridico italiano, l’affidamento condiviso rappresenta la norma prevalente in caso di separazione. Questo modello si fonda sull’idea che, nonostante la separazione dei genitori, è nell’interesse superiore del minore mantenere un legame stabile e continuativo con entrambi. L’affidamento condiviso non implica necessariamente una parità di tempo trascorso con ciascun genitore, ma garantisce che entrambi abbiano il diritto e il dovere di partecipare attivamente alla vita del figlio, contribuendo alle decisioni importanti che lo riguardano.

Separazione e divorzio: il collocamento dei figli

Mentre l’affidamento condiviso si concentra sul mantenimento di un legame equilibrato con entrambi i genitori, il collocamento dei figli affronta la questione di dove i minori risiederanno fisicamente la maggior parte del tempo. Spesso, per motivi legati alla stabilità emotiva e logistica del minore, si opta per un collocamento prevalente presso uno dei due genitori. Questa disposizione permette al minore di avere un punto di riferimento stabile per la sua vita quotidiana, mentre l’altro genitore mantiene il diritto di visita e di permanenza per periodi concordati o stabiliti dal tribunale.

La decisione su chi dei genitori avrà il collocamento prevalente del minore è generalmente presa dal giudice, basandosi esclusivamente sull’interesse superiore del bambino. Tale interesse comprende vari fattori, tra cui le esigenze di vita del minore, come quelle scolastiche, sociali, e affettive. È interessante notare come, in determinate circostanze, i figli possano avere un ruolo attivo in questa decisione. Sebbene i minori sotto i 12 anni possano non avere un impatto diretto sulla scelta, quelli più grandi sono spesso ascoltati dal giudice, soprattutto se dimostrano una capacità di discernimento adeguata.

Cos’ha deciso la Corte di Cassazione: la recente sentenza

Un punto di svolta significativo nelle pratiche di affidamento e collocamento è stato segnato da una recente sentenza della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 3372 del 6 febbraio 2024), che ha ribadito come il benessere del minore sia l’unico criterio che guida la decisione del giudice, anche in presenza di una richiesta di collocamento paritario da parte dei genitori o dei minori stessi. La sentenza ha evidenziato come, in determinate situazioni, possa essere necessario deviare dalla parità di collocamento per tutelare l’interesse superiore del minore, ad esempio quando esiste una chiara preferenza del bambino verso uno dei genitori o quando si verificano difficoltà relazionali significative con uno di essi.

Pertanto, riassumendo, l’Ordinanza n. 3372 del 6 febbraio 2024, emanata dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione, ha stabilito un principio importante: se un minore esprime chiaramente la volontà di non voler frequentare uno dei genitori, tale preferenza deve essere presa in considerazione nel definire le modalità di affidamento e collocamento. Il caso in esame ha visto il rifiuto di un ricorso presentato da una madre contro una decisione che assegnava la prevalenza dell’affidamento al padre, tenendo conto della volontà espressa dal bambino.

L’interesse del minore al centro delle decisioni

Nel suo verdetto, la Corte ha enfatizzato che l’interesse morale e materiale del minore prevale su qualsiasi altra considerazione, compreso il diritto alla bigenitorialità. Ciò significa che, anche se l’affidamento condiviso rimane l’obiettivo tendenziale, il giudice può stabilire disposizioni differenti qualora queste siano ritenute più adeguate al benessere del minore. Questo approccio mira a garantire che la crescita del bambino avvenga in un contesto armonioso e sereno, anche a costo di modificare la parità di frequentazione con entrambi i genitori.

La Corte ha chiarito che il diritto alla bigenitorialità non viene meno nel momento in cui si decide per un affidamento che privilegia uno dei genitori sulla base della volontà del minore. Anzi, la decisione mira a salvaguardare il benessere immediato del bambino, pur non perdendo di vista l’obiettivo di una futura frequentazione equilibrata e paritaria. In altre parole, l’obiettivo è prevenire un distacco duraturo e dannoso con il genitore meno frequentato, creando le condizioni affinché i rapporti possano essere ripristinati e mantenuti nel tempo.