Il nuovo film drammatico di Maria Sole Tognazzi, uscito nelle sale italiane lo scorso 25 gennaio.
Tratto dal romanzo “Per Dieci Minuti” di Chiara Gamberale, affronta la storia di una donna che cerca di ritrovare se stessa dopo l’abbandono da parte del marito.

Recensione “Dieci Minuti”, trama

Roma.
L’oscuro dolore dell’abbandono si abbatte improvvisamente sulla vita di Bianca (Barbara Ronchi).
Di colpo un insopportabile peso le si posa violentemente sul petto e, come se avesse una grossa mano che le preme sulla bocca, a stento riesce a respirare.
Niccolò (Alessandro Tedeschi) non la ama più; ha incontrato un’altra e, con la ferocia impetuosa di un amore lacerato, la lascia.

Inizia così il nuovo film di Maria Sole Tognazzi aprendo le danze con la rappresentazione di una donna distrutta che a malapena esce di casa, incapace di comprendere perché il suo matrimonio sia finito.
Bianca perde il lavoro, il sonno, la capacità di essere presente a se stessa e lentamente dovrà imparare a misurarsi forzatamente con questo tormento che sembra insormontabile.

Proprio a questo punto la sua terapeuta, la dottoressa Giovanna Brabanti (Margherita Buy), le assegna un compito: tutte le settimane, prima del loro incontro, per dieci minuti dovrà compiere qualcosa di totalmente impulsivo e a lei insolito (da qui prende il nome questa drammatica storia “Dieci Minuti”, un film ispirato al romanzo parzialmente autobiografico “Per Dieci Minuti” scritto da Chiara Gamberale).
La dottoressa Brabanti è una donna pragmatica, cinica, diretta, che incalzante sprona Bianca a spingersi oltre il confine della sua sofferenza.

In questo immenso universo di afflizione subentra Jasmine (Fotinì Peluso), la sorella minore della protagonista.
Jasmine è naturalmente bella, giovane ma già capace di grande forza, dal carattere un po’ duro che dietro un atteggiamento istrionico e difensivo nasconde un animo buono e ugualmente fragile.
In quest’ultimo personaggio forse si cela la parte più solida e fondamentale del film, che ci mostra attraverso il maturare del loro rapporto un sollievo di espiazione per l’anima turbata di una donna in crisi.

“Dieci Minuti”, critica

Il tema dell’abbandono focalizza dapprima l’attenzione, distogliendola da quello che è il vero fulcro della vicenda: il complicato mondo che si crea tutto intorno a chi soffre di un disturbo dell’attaccamento, di come una personalità clinicamente sofferente risucchi tutte le energie dalle persone con le quali ha un legame affettivo.
Dalla famiglia, agli amici, all’amore: chi è affetto da sindrome abbandonica accentra, se pur involontariamente, l’accento su di sé cercando in questo modo di controllare la paura dell’imprevedibilità della vita, di essere lasciati, di rimanere soli.

Questa non è solo la storia di Bianca che ha un crollo dopo essere stata tradita e lasciata dal compagno, ma è anche la storia di un amore esausto che si ritrova esanime e pugnalato a morte dal bisogno di continua presenza.
È la storia di Niccolò, che si riscopre d’un tratto bisognoso anche lui di poter essere vulnerabile e di potersi appoggiare a qualcun’altro.
È la storia di una madre che ha soffocato il proprio turbamento per anni, cercando di non ferire la figlia.
È la storia di un padre non in grado di affrontare i sensi di colpa.
Ed è la storia di una sorella minore che, mentre impara a vivere un rapporto fra sorelle del tutto nuovo e fino ad ora mai vissuto, deve anche imparare a prendersi cura delle fragilità di una persona a pezzi, pur essendo troppo giovane per affrontare simili responsabilità.

Questo film si addentra nel profondissimo abisso in cui vive chi soffre di un disturbo psichico e chi gli sta vicino, facendolo con una certa leggerezza che intervalla lunghissimi momenti di un dolore grave e opprimente.

La recitazione sorprendente di Fotinì Peluso, un po’ come il suo personaggio sorregge la sorella distrutta, tiene in piedi anche quella di Barbara Ronchi, che purtroppo risulta un po’ carente e in alcuni punti poco credibile.
Ottima Margherita Buy, come sempre.
Molto buona l’interpretazione di Alessandro Tedeschi.

Maria Sole Tognazzi dirige un buon film che ferisce e guarisce l’anima di chi lo guarda, che poteva essere reso straordinario con alcune semplici migliorie.
Nel complesso un buon lavoro di recitazione e regia, che però, ahimè, rimane al di sotto delle tre stelle e mezzo.