La guerra tra Israele e Hamas entra nel quinto mese, le parti stanno trattando per una pausa umanitaria a Gaza. Tag24 ha intervistato Carlo Biffani, esperto di sicurezza, intelligence e terrorismo, sull’andamento del conflitto e i suoi effetti sulla popolazione civile. Biffani è autore dell’instant book “L’inferno e il diluvio”, in cui propone un’analisi della situazione mediorientale in base alla sua esperienza.
Carlo Biffani sulla guerra Israele-Hamas: “La situazione è complessa ma a qualche soluzione si arriverà”
D: Cosa pensa della situazione attuale a Gaza? È possibile raggiungere un accordo nell’immediato su una pausa umanitaria?
R: Io credo che oltre che possibile sia indispensabile. È complesso perché ognuna delle parti prova a ricavare il massimo beneficio dalla sospensione delle attività belliche. Da un lato Hamas insiste per la sospensione indefinita, perché è evidente che sta subendo il colpo e si trova in enorme difficoltà rispetto alla capacità di resistere. Probabilmente stanno soffrendo più di quanto raccontino.
Dall’altra parte, Israele cerca di negoziare, laddove possibile, perché poi la pausa o la sospensione a tempo indeterminato non significhi dover liberare le Big guns, i numeri uno. Una cosa è liberare ragazzi giovani che hanno partecipato a scontri con le forze di sicurezza israeliani, ma altra cosa è liberare capi politici o capi militari di quelle fazioni. Israele si guarda bene dall’idea di dover cedere da questo punto di vista. È molto complesso ma a qualche soluzione si arriverà. Va specificato che, dei circa 130 ostaggi ancora nelle mani di Hamas e della jihad islamica, sembrerebbe che tra i 30 e 50 non siano più in vita, quindi bisognerebbe capire che cosa, chi e in che modo verrebbe liberato.
Carlo Biffani: “La fine della guerra a Gaza? È difficile parlarne con attendibilità”
D: Come prevede che possa concludersi questo conflitto e quanto può durare ancora?
R: È una domanda da un milione di dollari, perché se non lo sanno i negoziatori, il presidente americano e il suo entourage, i qatarioti che ci discutono e incontrano entrambe le parti attualmente, credo sia difficile dirlo per noi.
È evidente che in qualche misura gli Stati Uniti starebbero spingendo Israele perché sia concretamente presa in considerazione la soluzione dei due stati e due popoli. Non credo che possano essere gli interlocutori giusti né Netanyahu né il suo governo da questo punto di vista.
Netanyahu risponde: Noi abbiamo dato l’autodeterminazione a Gaza e tutto quello che hanno saputo fare in questi 15-20 anni è stato costruire un sistema di attacco che fosse in grado di fare quello che fanno, noi non vogliamo più Gaza gestita da Hamas ma Hamas non se ne vuole andare di là. Quindi è molto complicato.
Le discussioni televisive riguardanti la guerra a Gaza
D: Cosa pensa delle discussioni che si fanno in TV relative alla guerra a Gaza. Le trova interessanti o mostrano una visione parziale della situazione?
R: Io le trovo sempre molto interessanti perché in ognuna di esse c’è certamente lo spunto che può servire ad aprire la prospettiva e il ragionamento in direzioni diverse rispetto a quelle a cui si è abituati. Dal primo momento, nel quale, ovviamente e giustamente, l’indignazione dello strumento era orientato prevalentemente, se non unicamente, nei confronti delle vittime fatte dai due gruppi terroristici, perché tali sono a mio parere, si è passati ad una velata condanna delle azioni condotte dall’ADF, dal sistema di difesa israeliano, fino ad una condanna globale che ha quasi fatto in modo di sminuire quelli che erano stati gli effetti di un’azione che era veramente efferata.
Credo sia complesso parlare di etica, perché credo che sia quasi addirittura banale ricordare a tutti che ci sono due vittime. Sostanzialmente, dal momento in cui si scatena una guerra, la prima vittima sono i civili e la seconda è la verità. È difficile immaginare qualcosa che possa riguardare chirurgicamente soltanto le parti in conflitto. Gaza peraltro è una zona con una enorme densità abitativa, quindi, per quante cautele potessero prendere gli israeliani, era evidente che ci sarebbe stato comunque un numero insostenibile di vittime civili, anche se sui numeri bisogna stare molto attenti perché se la fonte è Hamas io qualche perplessità me la faccio.
L’Inferno e il Diluvio, il libro di Biffani sulla guerra eterna tra Israele e Hamas
D: Si tiene oggi la presentazione del suo libro “L’Inferno e il Diluvio” come ha trattato il tema? Quali sono gli spunti di riflessione che emergono dalla lettura?
R: Penso possa essere interessante perché ne “L’Inferno e il Diluvio” affronto una serie di aspetti che sono meno comuni nei commenti che il mainstream propone. Tratto il tema da un punto di vista pratico e tattico, cioè vista dal terreno per quelle che sono le complicazioni e le criticità che sin dal primo giorno mi sono apparse abbastanza evidenti.
Quello che mi aiuta da questo punto di vista è un approccio operativo che mi deriva dalla mia attività professionale che è quella di girare il mondo occupandomi di sicurezza di intelligence e quindi guardare le cose dal “piano stradale”, piuttosto che da un’aula di università o da un team tech, questo senza nulla nulla togliere chi fa attività intellettuale di quel tipo, ma ho una certa esperienza per quanto attiene gli aspetti di intelligence e degli aspetti tattici per esempio di intervento degli operatori di distaccamenti di forze speciali che erano stati chiamati in causa da molti giornalisti già l’indomani dell’invasione di Israele dell’attacco brutale che c’è stato da parte di Hamas e jihad islamica. Provo a spiegare che una cosa è immaginare che determinate unità possano risolvere il problema, un’altra cosa è poi farle lavorare nel contesto.
L’Inferno e il Diluvio, una lettura con un linguaggio accessibile
D: Quanto è complesso trattare un tema così delicato e quanto è difficile scriverne in maniera semplice e che possa essere chiara a tutti?
R: Il tentativo è proprio quello. Nelle altre cose che mi è capitato di scrivere in questi anni, ho cercato sempre di avere un approccio che non fosse per addetti ai lavori, pur se riconoscibile anche da loro, intendo dire che un addetto ai lavori non lo trovi banale. Ma la cosa importante, secondo me, è provare a spiegare a quante più persone possibili come si sviluppano determinati meccanismi e cosa rende praticabile o impraticabile un determinato percorso in termini di soluzioni.
Il racconto nasce, soprattutto, come una sorta di diario quotidiano rispetto a riflessioni che io ho fatto giorno dopo giorno anche sulla base di partecipazioni televisive e di cose che mi venivano chieste in quelle circostanze provando a guardare a quello che sarebbe accaduto nel medio e nel lungo periodo.
Ho intravisto delle difficoltà oggettive e sono piuttosto scettico rispetto alle soluzioni di pronto uso. Questa è una situazione molto complessa che si riverbera sia a livello locale che regionale. È più vasta e intervengono tantissimi attori. È difficile che possa essere risolta rapidamente.