La protesi dell’anca è un dispositivo meccanico progettato per replicare i movimenti di un’articolazione compromessa: le componenti incaricate di ristabilire la funzione articolare vengono integrate e fissate con precisione nell’osso del paziente. L’impiego della protesi dell’anca è adottato per ripristinare la capacità di movimento dell’articolazione, compromessa da varie condizioni, inclusa la coxartrosi avanzata. Ne parliamo nella rubrica “Non solo trentatré”, curata dai Prof. Claudio Loffreda-Mancinelli ed Enrico Ferri, con il Professor Jeffrey Sewicke.

Professor Jeffrey Sewicke Docente di Ortopedia presso l’Allegheny Health Network di Pittsburgh. Con una casistica di oltre 12.000 casi, il Prof. Sewicke è un esperto della tecnica anteriore. Direttore del Centro di Ricostruzione Artroplastica per adulti presso l’Allegheny General Hospital. È Professore Associato presso il Drexel University College of Medicine. Co-direttore del Centro Trauma Ortopedico presso l’Allegheny General Hospital. Ha conseguito la laurea in medicina presso il Kirksville College of Osteopathic Medicine e ha completato la specializzazione in Chirurgia Ortopedica presso la Ohio University e una fellowship in Traumatologia Ortopedica presso l’Università di Pittsburgh.

Protesi dell’anca, intervista al Prof. Jeffrey Sewicke

D: Professor Sewicke, quali sono le cause più frequenti che richiedono questo tipo di intervento?

R: L’anca è l’articolazione formata da femore e osso iliaco. L’osso iliaco presenta una struttura concava, l’acetabolo, che rappresenta una sorta di tasca all’interno della quale si inserisce la testa del femore.  Se l’anca è stata danneggiata da artrite, frattura, osteonecrosi, malattia dell’anca in età infantile o altre condizioni, le attività comuni come camminare o salire e scendere le scale, possono essere dolorose e difficili. L’anca potrebbe essere rigida con difficoltà nell’ indossare scarpe e calze. A volte si può avvertire disagio o dolore a riposo.

Se i farmaci, i cambiamenti delle attività quotidiane del paziente, anche con l’uso di supporti per la deambulazione, non apportano miglioramenti tangibili, si può prendere in considerazione un intervento di sostituzione dell’anca.

Ogni anno, in Italia, vengono effettuati oltre 100mila interventi di protesi d’anca. Negli Stati Uniti si fanno più di 400.000 casi l’anno.  Questo intervento rappresenta una delle pratiche chirurgiche con i migliori livelli di successo, grazie all’uso di tecniche e materiali avanzati e in continua evoluzione.

D: Può descriverci in che consiste l’intervento chirurgico?

R: Si effettua una sostituzione totale dell’anca (chiamata anche artroplastica totale dell’anca), l’osso e la cartilagine danneggiati vengono rimossi e sostituiti con componenti protesici.

• La testa del femore danneggiata viene rimossa e sostituita con uno stelo di metallo che viene inserito nel centro cavo del femore. Lo stelo femorale può essere cementato o “inserito a pressione” nell’osso.

• Una sfera di metallo o ceramica è posta sulla parte superiore dello stelo. Questa sfera sostituisce la testa del femore danneggiata che è stata rimossa.

• La superficie cartilaginea danneggiata dell’alveolo (acetabolo) viene rimossa e sostituita con un alveolo metallico. A volte vengono utilizzate viti o cemento per tenere in posizione le varie componenti della protesi.  Tra l’alveolo e la testa femorale in cromo o titanio, viene sempre utilizzato uno strato di polietilene preventivamente trattato con radiazioni per reticolare i radicali liberi nella plastica e così diminuire l’incidenza dell’usura dovuta a fenomeni di ossidazione.  In altre parole, il trattamento con radiazioni, limita o rallenta il processo di usura e deterioramento del polietilene.  In caso di deterioramento, grazie alla natura modulare di ogni componente, potrà essere necessario, col tempo, sostituire solo questa parte.

D: Vi sono controindicazioni all’intervento? Tutti i pazienti sono idonei?

R: La controindicazione principale è un’infezione attiva.  Qualsiasi problema medico non sotto controllo deve essere affrontato prima dell’intervento.  Lo stato clinico del paziente va stabilizzato e ottimalizzato al meglio.  Particolare attenzione verrà rivolta a diabetici o a pazienti con problemi dentali (carie), potenziali cause di infezioni post-operatorie.  Da ricordare che l’obesità è collegata a un possibile aumento delle complicanze.

D: Come vengono fissate le protesi?

R: Vi sono due tecniche distinte.  La prima prevede una fissione a pressione, con la seconda si fa uso di cementi.

L’uso della tecnica a pressione, è legata alla qualità e consistenza delle ossa esistenti.  Col tempo, nuovo osso crescerà intorno alla protesi e tenderà a renderla più duratura. Le protesi non cementate comportano una maggiore incidenza di fratture femorali al momento dell’inserimento, ecco perché parlavo dell’importanza dell’integrità dell’osso. Contrariamente nelle persone anziane, con ossa fragili, si tende a usare il cemento. In questo caso vengono spesso utilizzate protesi in titanio.

D: Molti di questi interventi vengono eseguiti anche grazie all’uso della robotica?

R: Il robot viene generalmente utilizzato per posizionare meglio la componente acetabolare. Uno dei problemi dell’intervento di sostituzione dell’anca è rappresentato dalla lussazione, o fuoriuscita della testa del femore dall’acetabolo.  Questa complicazione può essere dovuta ad una non ottimale posizione della protesi alveolare. Il robot ne consente un più preciso posizionamento.

D: La tecnica chirurgica è standardizzata?

R: Vengono generalmente usati tre approcci chirurgici per la sostituzione dell’anca: Anteriore, laterale e posteriore.  Essi sono generalmente legati alla formazione professionale, esperienza del chirurgo e alle condizioni del paziente. Ogni approccio ha comunque i suoi vantaggi e svantaggi, anche se i risultati clinici finali sono molto simili come le possibili rare complicanze.

L’approccio anteriore ha teoricamente un tasso di lussazione inferiore ed è una tecnica meno invasiva che risparmia maggiormente i tessuti, poiché non si tagliano i muscoli, ma si attraversano le fasce muscolari, e quindi si ha un minor dolore post-operatorio. Sia l’approccio laterale che quello posteriore prevedono invece la resezione e susseguente riparazione di alcuni muscoli.  Questo può causare problemi di ambulazione o limitazione nell’abilità rotatoria.  Il paziente potrebbe quindi zoppicare o avere difficoltà quando si gira.

All’Allegheny General hospital, effettuo tra 500 e 600 protesi annue utilizzando, quando possibile, un approccio anteriore.  La maggioranza dei pazienti, se senza preesistenti gravi patologie o complicazioni, viene dimessa in giornata.