Cosa sono i missili “killer di portaerei”? In un ipotetico scontro armato tra Cina e USA, il colosso asiatico potrebbe mettere in campo i temibili missili anti-portaerei.

Oltretutto le recenti analisi fornite dalla Marina statunitense hanno evidenziato come il numero di questa nuova arma in mano a Pechino sia sempre più in crescita.

Cosa sono in grado di fare e perché potrebbero giocare un ruolo chiave per gli equilibri mondiali?

Cosa sono i missili “killer di portaerei”: quali obiettivi potrebbero abbattere

Il dipartimento di Difesa di Pechino ha ufficialmente catalogato questi missili con la sigla DF-26, abbreviazione di Dong Feng modello 26. Si tratta di un missile balistico di lunga gittata interamente prodotto dalla China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC).

Sebbene i dati tecnici siano strettamente riservati, le ultime informazioni descrivono una portata superiore ai 5.000 km. I missili sono in gergo chiamati “killer di portaerei” perché sarebbe in grado di abbattere obiettivi navali di grande importanza. Allo stesso modo possono essere utilizzati contro target terrestri.

Il DF-26 è inoltre il primo missile balistico cinese armato convenzionalmente che possa raggiungere la zona di Guam e quindi arrivare alle più vicine installazioni statunitensi qui radicate. Per questo motivo la stampa ha anche ribattezzato questa arma come “Guam Express” o “Guam Killer”. Questi missili avrebbero grandi capacità di ricarica sul campo e sono poi dotati di un veicolo di rientro manovrabile (MaRV).

Alcune indiscrezioni affermano poi che il DF-26 possa condurre attacchi nucleari. Esiste infatti la concreta possibilità che su questi missili possano essere montate testate nucleari del peso di oltre una tonnellata.

Lo sviluppo di quest’arma dal 2015 ad oggi

La conferma della sua produzione è arrivata durante la parata cinese del 2015 in occasione dell’annuale commemorazione per il termine della Seconda Guerra Mondiale.

Successivamente, il governo di Pechino ha confermato che il missile sarebbe entrato nelle dotazioni dell’Esercito popolare di liberazione a partire dal 2018.

Nonostante non ci siano conferme di un suo utilizzo, gli Stati Uniti sono fermamente convinti che la Cina abbia già impiegato missili DF-26 nel 2016 e nel 2017.

Nell’agosto del 2020 la Cina ha iniziato le sperimentazioni del modello successivo: il DF-26B.

Il test è avvenuto all’indomani del volo non autorizzato di un aereo spia americano al di sopra di un’area del Mare di Bohai in cui si stava tenendo un’esercitazione navale.

Il 26 agosto 2020 Pechino ha iniziato la sperimentazione del primo DF-26B in una zona del Mar Cinese Meridionale tra Hainan e le Isole Paracel.

L’azione ha suscitato gravi ripercussioni negli equilibri politici. Giappone, Usa e Taiwan hanno criticato aspramente l’utilizzo di questa arma e anche il mercato finanziario asiatico ha subito pesanti ripercussioni.

Le contromisure da parte degli Stati Uniti

Recentemente, gli Stati Uniti sono sempre più allarmati dal possibile utilizzo di questa potente arma nelle mani della Cina.

Per essere al meglio preparati, le portaerei USS Carl Vinson e Theodore Roosevelt hanno appena concluso un periodo di addestramento insieme al cacciatorpediniere giapponese JS Ise nel Mare delle Filippine.

Nonostante le preoccupazioni, il contrammiraglio Carlos Sardiello, attuale comandante del gruppo d’assalto della USS Carl Vinson, ha affermato che i marinai della flotta statunitense sono altamente preparati in caso di questo scenario.

Missili balistici come i “killer di portaerei” hanno lo scopo di condurre attacchi di precisione a lungo raggio contro tutte le categorie di navi, comprese le portaerei attualmente di pattuglia nell’Oceano Pacifico.

Se in fase di pace, lo schieramento di missili DF-26 è visto come un deterrente usato dalla Cina per impedire l’avvicinarsi delle portaerei statunitensi alla cosiddetta prima linea del Pacifico occidentale, in caso di conflitto questi missili avrebbero tutte le caratteristiche per centrare e affondare gli obiettivi marini.