Altro episodio di violenza e di intimidazione ai danni di Don Rigoli, parroco della città di Varapodio (provincia di Reggio Calabria). Il 3 febbraio la sua auto è stata data alle fiamme e distrutta.

Don Rigoli era già stato aggredito con una testata a metà gennaio: molti oggi si chiedono chi siano gli autori di queste violenze e quali possano essere il loro movente. I vescovi di Calabria hanno mandato un messaggio di solidarietà a Don Rigoli.

Reggio Calabria, i vescovi calabresi: “La violenza è un linguaggio che rifiutiamo categoricamente”

Varapodio si è trovata ancora una volta al centro di un’azione violenza ed intimidatoria ai danni di una sua figura di spicco, Don Rigoli. La sua auto è stata incendiata il 3 febbraio ed è andata distrutta. Illeso il parroco, che era già stato aggredito durante una messa sempre a Varapodio lo scorso 16 gennaio.

A causa del fumo, le strutture delle parrocchie sono state evacuate, ma nessuno al suo interno è rimasto intossicato. I Carabinieri sono giunti sul posto per raccogliere le testimonianze e per analizzare le immagini delle telecamere di sorveglianza, sperando di trovare elementi utili per le indagini.

I primi ad essere sospettati sono le due persone, due cugini, che lo scorso gennaio avevano aggredito Don Rigoli: il motivo stava nel fatto che il parroco aveva vietato che le condoglianze ai funerali avvenissero in chiesa, a causa della risalita dei contagi di Covid. Durante le esequie di una donna, alcuni parenti avevano chiesto di svolgere le condoglianze in chiesa: al rifiuto di Don Rigoli, i due cugini lo hanno atteso l’uscita della messa per aggredirlo, ferendolo alla testa.

I due comunque hanno negato ogni addebito per quest’ultima aggressione, che ha suscitato profonda costernazione nella comunità cattolica di Reggio Calabria. La Cec (Conferenza episcopale calabrese) ha inviato a Don Rigoli un messaggio di vicinanza:

La violenza, sotto ogni sua forma, è un linguaggio che rifiutiamo categoricamente. Essa non ispira mai i gesti e le parole di chi si professa credente nel Dio della pace e della mitezza, pertanto non può trovare spazio nella società civile, a meno che non si ricerchi lo smarrimento di ciò che rende umani. Un attacco diretto a tutti i cittadini della nostra preziosa regione, a tutti coloro che quotidianamente credono e lottano in modo onesto e rispettoso a favore della dignità altrui, contribuendo allo sviluppo di una Calabria che non può e non deve essere rappresentata da alcuni criminali accecati da una mentalità mafiosa: questo modo di agire e di pensare non appartiene all’etica e all’umanità dei calabresi!