Emanuela Orlandi scomparve a Roma all’età di 15 anni. Era il 22 giugno del 1983. A quasi 41 anni dai fatti una lettera inedita mostrata dal fratello Pietro a Verissimo, su Canale 5, potrebbe ora aprire nuovi scenari sul caso, da decenni intriso di misteri e incertezze.
Emanuela Orlandi era incinta? Cosa dice la lettera mostrata dal fratello Pietro a “Verissimo”
Ospite della trasmissione condotta da Silvia Toffanin, Pietro Orlandi ha rivelato per la prima volta il contenuto di una conversazione avuta più di un anno fa con una persona “vicina agli ambienti dei Nar” (i Nuclei Armati Rivoluzionari) che ha affermato di aver vissuto nell’appartamento accanto a quello della sorella, appartenente ai padri scalabriniani, in Inghilterra.
Secondo questa persona ci sarebbe la pedofilia dietro alla scomparsa di Emanuela. Un giro molto ampio di cui lui faceva parte come braccio operativo,
ha spiegato. Non è tutto. Da questa persona Orlandi ha infatti ricevuto una lettera che sarebbe stata inviata dal cardinale Ugo Poletti all’ex segretario di Stato inglese Frank Cooper, che all’epoca era anche a capo dell’ente che gestiva l’ospedale di Saint Mary. Lettera che, se autentica, non solo attesterebbe la presenza di Emanuela a Londra, ma farebbe anche pensare che la ragazza abbia abortito dopo essere rimasta incinta.
Il testo della missiva
Egregio dott. Cooper,
La ringrazio per essersi messo a disposizione in prima persona per la risoluzione immediata del problema totalmente inaspettato ed indesiderato. Come sono sicuro Le sia stato spiegato dai miei collaboratori nel Regno Unito ed ha sicuramente appreso dai giornali internazionali, la Sig.na Emanuela Orlandi è stata protagonista di vicende di primaria importanza nel panorama diplomatico internazionale e tutt’ora è di vitale importanza che la Sig.na Orlandi rimanga viva o in salute. Per quanto con l’Apostolicae Sedis è chiara la visione del Vaticano nello stabilire che anche un feto all’interno del grembo materno possiede un’anima, comprendo la Sua preoccupazione ed, essendone coinvolto in prima persona, condivido anche parte del suo pensiero. Pertanto, accetto il Suo invito a Londra, informandoLa che partirò personalmente per il Regno Unito il giorno 24 Febbraio.
Cordiali saluti
Questo il testo della missiva, datata 1993, dieci anni dopo la scomparsa di Emanuela. L’intestazione è quella del Vicariato (anche se Poletti in quegli anni non era più vicario); potrebbe trattarsi di un falso oppure, come sostiene Orlandi, di uno “stratagemma” messo in atto dal Vaticano proprio per far credere che non fosse autentica nel caso in cui fosse venuta a galla.
La pista inglese
Della pista inglese o “londinese” in relazione alla scomparsa della “ragazza vaticana” si è sempre parlato, soprattutto dopo il ritrovamento di un documento datato 1998 e intitolato “Resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi”, in cui comparivano anche i costi di vitto e alloggio della giovane all’interno di un ostello legato alla Chiesa di Clapham Road, a Londra, come se ci fosse stata portata dopo il rapimento.
Le nuove indagini sul caso
Di recente sia la Procura di Roma che quella Vaticana (per volere di Papa Francesco) sono tornate ad indagare sul caso. La speranza di Pietro Orlandi è che sia lui che le ventotto persone di cui ha fatto i nomi – persone che potrebbero essere venute a conoscenza di dettagli relativi alla scomparsa della sorella – vengano finalmente ascoltati.
Si aspetta poi la designazione dei venti senatori e dei venti deputati che faranno parte della Commissione bicamerale d’inchiesta approvata per far luce sulla vicenda di Emanuela e su quella di Mirella Gregori, scomparsa a Roma appena un mese prima. La sensazione è che “qualcuno voglia rallentarne i lavori”, aveva dichiarato Orlandi a Radio Cusano Campus alla vigilia di una manifestazione organizzata in piazza Cavour per commemorare il compleanno della sorella e “spingere ad accelerare i tempi”.
Da anni insieme alla famiglia l’uomo lotta affinché il caso di Emanuela possa ottenere la giustizia che merita. Più volte, nelle ultime settimane, si è rivolto direttamente a Papa Francesco, chiedendogli di “alzare la voce”. Secondo lui il Pontefice sarebbe a conoscenza di “almeno parte delle cose”, perché in passato gli disse che Emanuela stava “in cielo”, come a dire che era morta.
Dovrebbe quindi fare pressioni sul promotore Alessandro Diddi, che indaga per conto del Vaticano, affinché si arrivi alla verità. È un diritto dei familiari di Emanuela, che la aspettano da oltre quarant’anni, ma anche di tutti i cittadini italiani che hanno sempre seguito la sua storia da vicino.