“Bugiarda, manipolatrice e violenta”. Così Valentina Boscaro viene descritta dai giudici nelle oltre settanta pagine in cui motivano la sentenza con cui lo scorso ottobre l’hanno condannata a 24 anni di reclusione per aver pugnalato al cuore il fidanzato Mattia Caruso mentre erano fermi in auto in un parcheggio di Abano Terme, a Padova. Era la sera del 22 settembre 2022.

Valentina Boscaro condannata per l’omicidio di Mattia Caruso: le motivazioni dei giudici

Dopo aver incolpato del delitto un’altra persona, provando a depistare le indagini, la 31enne aveva ammesso le proprie responsabilità, sostenendo però di aver agito “per legittima difesa“, perché il ragazzo – a suo dire – era stato violento con lei.

Secondo i giudici che l’hanno condannata a 24 anni di reclusione “ha sempre mentito”.

Che l’imputata menta o quantomeno ingigantisca alcuni aspetti negando l’evidenza di altri, è dimostrato anche dalle reazione dei genitori, registrate durante la giornata del 29 settembre: entrambi più volte le chiedono conto della sua scelta di frequentare e far entrare a casa sua, per oltre due anni, un uomo che lei descrive come un pericoloso e crudele criminale senza ottenere risposte plausibili,

scrivono in un passaggio del testo delle motivazioni della sentenza, in cui la definiscono non solo “bugiarda“, ma anche “violenta” e “manipolatrice“.

È riuscita, dopo aver inferto una coltellata mortale al compagno, a costruire una realtà alternativa dettagliata e coerente, portando fuori strada gli investigatori e inducendoli a seguire una falsa pista; ha contestualmente accreditato la figura di un Caruso spacciatore, sempre in mezzo a risse e regolamenti di conti,

spiegano i giudici, mettendo in evidenza il fatto che più volte, nel corso del processo, abbia infangato la memoria del 30enne, incolpandolo di averla ripetutamente picchiata. Lo riporta il quotidiano Padova Oggi.

Le dinamiche del delitto

Non è tutto. Negli attimi seguenti all’omicidio, Boscaro non avrebbe mostrato alcun segno di preoccupazione nei confronti del fidanzato: mentre lui giaceva a terra inerme aveva pensato di allontanarsi e di nascondere l’arma del delitto piuttosto che chiamare i soccorsi.

A dare l’allarme, dopo aver notato il corpo del giovane in strada, era stato un passante. Per questo, secondo i giudici, “non è una donna che agisce in un momento di disperazione”. Secondo loro cioè era lucida e consapevole di ciò che stava facendo quando, impugnando il coltellino del fidanzato, lo pugnalò dritto al cuore al culmine dell’ennesima lite, scoppiata mentre erano fermi a un parcheggio.

Il papà di Mattia l’ha più volte definita “satanica“, sostenendo che manipolasse il figlio, trattandolo male. Con la moglie procederanno, sicuramente, in Appello: visti i comportamenti della 31enne, si sarebbero aspettati, infatti, una pena maggiore. La pubblica accusa aveva chiesto il massimo, l’ergastolo.

La reazione dei genitori

Dal canto loro, i genitori di Valentina si erano detti rammaricati del fatto di non essere riusciti a “salvarla”. Ai microfoni dei giornalisti, dopo la sentenza, avevano detto di essersi accorti da diverso tempo che la relazione tra la figlia e la vittima era tossica, sostenendo che il ragazzo “la controllava, la seguiva, le ripeteva sempre: sei mia, sei mia”.

È ciò che Boscaro ha raccontato in aula, sostenendo anche di aver abortito per non avere figli da lui quando, nel 2021, aveva scoperto di essere rimasta incinta. Da un precedente compagno aveva già avuto una bambina, che ora è stata affidata al padre.

Lei è detenuta a Montorio Veronese, dove si trovano, tra gli altri, anche Filippo Turetta, il 22enne reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, consumatosi a Vigonovo la sera dell’11 novembre scorso, e Benno Neumair, l’ex body builder condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per aver ucciso i genitori Peter e Laura nell’abitazione in cui era da poco tornato a vivere a Bolzano.

Il primo è stato arrestato a quasi una settimana dall’inizio della sua fuga, in Germania; il secondo fu fermato dopo qualche settimana dall’omicidio dopo aver tentato di depistare le indagini. Il 5 gennaio del 2021 aveva chiamato i carabinieri per denunciare la scomparsa dei genitori, sostenendo che fossero usciti a fare una passeggiata e non avessero mai fatto ritorno.

In realtà la sera prima li aveva strangolati con una corda d’arrampicata, gettandone i corpi nelle fredde acque del fiume Adige, da dove sarebbero riemersi solo diversi mesi più tardi. A quel punto lui aveva già confessato.