Che fine hanno fatto gli assassini di Desirée Piovanelli? Dove si trovano oggi? Se lo chiedono in molti, ripensando alla storia della 14enne attirata in un casolare di campagna abbandonato e accoltellata dopo un tentativo di stupro a Leno, Brescia, nel lontano 2002. Tre di loro, all’epoca dei fatti minorenni, sono usciti dal carcere e tornati in libertà; il quarto si trova in una comunità di recupero. Potrebbe uscire nel 2025.
Che fine hanno fatto gli assassini di Desiréé Piovanelli?
Desirée Piovanelli fu uccisa a coltellate il 28 settembre del 2002 dopo un tentativo di stupro. Per il suo omicidio sono finite in carcere quattro persone: Nicola Bertocchi, Mattia Franco, Nicola “Nico” Vavassori e Giovanni Erra. Quando furono arrestati avevano rispettivamente 16, 14, 16 e 36 anni di età.
I primi tre sono tornati in libertà: Bertocchi, che era stato condannato a 18 anni di carcere per aver accoltellato per primo la 14enne dopo averla attirata nel casolare di campagna abbandonato in cui fu ritrovata con la scusa di mostrarle dei gattini è uscito nel 2020; Franco e Vavassori sono liberi dal 2012 e dal 2017 dopo aver scontato 10 anni e 15 anni e 4 mesi di reclusione.
Giovanni Erra, che aveva ricevuto una condanna a 30 anni, si trova in una comunità di recupero e nel 2025 potrebbe già tornare in libertà. Come Vavassori non ha mai smesso di proclamarsi innocente. Il primo sostiene che il giorno dell’omicidio entrò nella cascina per recuperare della droga che vi aveva nascosto (in quanto, a quel tempo, spacciava); il secondo dice invece di non esserci mai entrato, in quel luogo.
Secondo i giudici che li hanno condannati, entrambi, però, sono colpevoli: tra le tante tracce rinvenute accanto al corpo martoriato della 14enne, erano state isolate anche le loro. La ricostruzione è la seguente: insieme ai loro complici avrebbero ucciso Desirée con 33 coltellate, dopo averla attirata nel casolare per stuprarla.
Le motivazioni delle sentenze di condanna
Erra, all’epoca 36enne, conosceva bene la giovane vittima, perché viveva nella casa di fronte alla sua; ma conosceva bene anche i minorenni coinvolti nel delitto perché, nonostante fosse molto più grande, li frequentava. Aveva problemi di alcol e droga.
Nelle motivazioni della sentenza con cui fu condannato veniva definito un “adulto bambino”, dalla personalità “insensibile e disumana”. “La sua partecipazione al fatto nella sua qualità di adulto – scrivevano i giudici – ha contribuito notevolmente a rafforzare il proposito delittuoso dei tre minori, i quali, senza il conforto dell’adulto, verosimilmente non avrebbero coltivato quel proposito”.
Proposito nato perché pare che la 14enne avesse respinto sessualmente i tre ragazzi, a loro volta definiti, nelle rispettive sentenze, “eticamente anestetizzati”.
I sospetti del padre di Desirée Piovanelli
Il sospetto del padre della vittima è che non siano gli unici responsabili del delitto, che avessero un mandante e che il loro movente non fosse, in realtà, un movente sessuale: secondo lui è più probabile che volessero rapirla e consegnarla a persone legate a un giro di prostituzione minorile creatosi all’epoca in quella zona.
Sulla spalla e sulla manica del giubbino che la ragazza indossava quando scomparve e poi fu trovata morta erano state isolate, infatti, delle tracce appartenenti a uomini mai identificati. Persone che potrebbero aver preso parte all’omicidio e poi coperte.
L’inchiesta aperta dalla Procura di Brescia dopo l’esposto presentato dai familiari nel 2018 è stata archiviata da tre anni. Loro, comunque, non si arrenderanno finché non arriverranno alla verità. In questo ricordano i familiari delle vittime di altri omicidi rimasti irrisolti. Tra gli altri, si pensi a queli di Katty Skerl e di Simonetta Cesaroni.