Pubblicati, su una importante e quotata rivista di Management (The TQM Journal) i risultati della ricerca “ChatGPT between opportunities and challenges: an empirical study in Italy” condotta dalla ricercatrice Maria Giovina Pasca e dalla prof.ssa Gabriella Arcese dell’Università Niccolò Cusano.
La ricerca: ChatGPT opportunità e sfide
La ricerca indaga le percezioni degli utenti riguardo a opportunità, sfide e implicazioni sull’uso di ChatGPT in diversi contesti, come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. In particolare, l’obiettivo dello studio è quello di comprendere la percezione degli utenti riguardo al rapporto tra ChatGPT e sostenibilità e le loro opinioni su come le aziende possono contribuire al raggiungimento del benessere della comunità.
Sono state effettuate 34 interviste in profondità che hanno evidenziato come ChatGPT sia percepito come uno strumento utile che semplifica le attività, riducendo i tempi di lavoro e gli errori umani.
L’impatto di ChatGPT sulle professioni
I settori lavorativi che potrebbero subire gli impatti più immediati sono quelli legati alla gestione delle attività di routine e assistenza clienti, ma anche i settori legati alla creatività e alla generazione di contenuti originali, in quanto ChatGPT potrebbe aumentarne la velocità e la qualità di produzione. Nel settore sanitario e in quello legale, ChatGPT è percepito invece come uno strumento non del tutto affidabile, non conoscendo l’origine delle informazioni fornite. In effetti, in questo caso ChatGPT può essere uno strumento di supporto ma non sostitutivo della figura professionale. Nel settore dell’istruzione, esso può fornire assistenza personalizzata agli studenti, elaborare dati, monitorare le prestazioni degli studenti e automatizzare alcune attività amministrative.
I rischi di ChatGPT
Lo studio mostra come questi strumenti possano migliorare la vita e il benessere della comunità diffondendo conoscenze e informazioni, supportando i lavoratori e generando meno stress. Ma ci sono dei rischi?
“La ricerca – ha spiegato la prof.ssa Arcese – ha identificato i rischi associati all’utilizzo di questo strumento, come l’affidabilità delle informazioni fornite, la necessità di maggiore privacy per i dati personali richiesti e la mancanza di empatia e interazione umana. Lo studio ha anche evidenziato come gli intervistati italiani non siano pronti a fare totale affidamento su questo nuovo strumento di intelligenza artificiale, in quanto cercano empatia e personalizzazione del servizio, che può essere trovato solo nella relazione tra esseri umani e non attraverso un software.”
“Tuttavia, gli strumenti di intelligenza artificiale – continua la docente- possono supportare aziende e governi nella creazione e promozione della sostenibilità e nelle strategie per la riduzione degli sprechi. Ad esempio, l’intelligenza artificiale può aiutare a progettare e implementare energie rinnovabili più efficienti e, quindi, supportare la pianificazione e gestione urbana, per aiutare a costruire città intelligenti.”
L’ONU riconosce il potenziale dell’Intelligenza Artificiale nel contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delineati nell’Agenda 2030, ma ne sottolinea l’importanza di un uso responsabile ed etico a beneficio di tutti. Per promuovere e incentivare l’utilizzo di questi strumenti, è necessaria una regolamentazione precisa per tutelare la privacy degli utenti. Ciò vale anche in vista del nuovo fenomeno della smart city, una città altamente connessa e tecnologica.