La crisi aziendale non arriva inaspettatamente, ma è il culmine di un processo di declino che può essere identificato e affrontato tempestivamente. Riconoscere i segnali di avviso precoce è cruciale per intervenire prima che la situazione degeneri. Andiamo a vedere come evitare, se si può, la crisi e il fallimento aziendale.

Fallimento aziendale: quando ci si arriva? I sintomi

Il fallimento è caratterizzato da uno stato di insolvenza cronica. Esistono specifici requisiti soggettivi e patrimoniali che determinano la fallibilità di un’impresa.

Una crisi aziendale, come una malattia, è preceduta da sintomi che, se riconosciuti in tempo, possono aiutare a prevenire conseguenze gravi. Indicatori come la diminuzione della redditività, inefficienze operative, e un calo nella qualità dei prodotti o servizi sono segnali di allarme importanti. Una gestione attenta e proattiva è fondamentale per mitigare questi rischi, anche in presenza di fattori esterni che possono aggravare la situazione.

A ogni modo, il fallimento viene dichiarato in base a specifici criteri legali, che tengono conto sia di elementi soggettivi (tipo di impresa) che oggettivi (stato di insolvenza). Non tutte le aziende possono dichiarare fallimento e, secondo la normativa italiana, l’insolvenza deve essere una condizione cronica e non semplicemente un ritardo occasionale nel pagamento dei debiti.

Fallimento aziendale: impatto e conseguenze

In certe circostanze, coprire i debiti di un’azienda diventa insostenibile, costringendo gli imprenditori a considerare il fallimento. Questo scenario, oltre ad essere stressante, ha impatti significativi sia per gli imprenditori che per i dipendenti. Analizziamo il processo di fallimento, dalle sue basi giuridiche alle sue ripercussioni, per fornire una comprensione completa di questo aspetto critico della gestione aziendale.

Il fallimento di un’azienda si ripercuote in diversi ambiti:

  • Finanziario: la minaccia più temuta è l’impatto sul patrimonio dell’imprenditore e sulla futura ripresa economica.
  • Processuale: include l’incapacità dell’imprenditore fallito di gestire le proprie attività legali, ruolo assunto dal curatore fallimentare.
  • Personale: implica restrizioni sugli incarichi futuri e la cancellazione da albi professionali.

Dopo la dichiarazione di fallimento, l’imprenditore perde l’amministrazione dei propri beni, ma non la proprietà. Il curatore fallimentare, nominato dal tribunale, gestisce i beni e l’impresa. Gli atti patrimoniali effettuati dall’imprenditore dopo il fallimento sono considerati nulli.

Contrariamente a quanto si pensa, il fallimento aziendale spesso deriva da scelte gestionali errate, come la cattiva pianificazione finanziaria o la dipendenza da finanziamenti esterni. Una gestione efficace del flusso di cassa è fondamentale per evitare scenari di fallimento.

Come evitare il fallimento aziendale: strumenti legali

Esistono diverse soluzioni legali per prevenire il fallimento, tra cui:

  • Concordato preventivo;
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti;
  • Piano di risanamento;
  • Composizione negoziata della crisi.

Questi strumenti consentono di gestire i debiti in modo più sostenibile, offrendo la possibilità di una dilazione o addirittura di un abbattimento del debito.

Composizione negoziata e concordato semplificato

La composizione negoziata è una soluzione stragiudiziale che facilita le trattative tra creditori e imprenditori, applicabile sia a singole aziende che a gruppi. Questo percorso volontario, della durata di 180 giorni, mira a raggiungere un accordo o, in assenza di questo, a determinare un esito negativo.

In assenza di soluzioni tramite la composizione negoziata, è possibile ricorrere al concordato semplificato. Questa procedura mira a liquidare l’azienda in modo più rapido ed economico rispetto alle procedure concorsuali tradizionali, riducendo alcuni passaggi e accelerando il processo di liquidazione.

La procedura di liquidazione controllata

La liquidazione controllata è un processo giudiziario volto a gestire il patrimonio di un debitore in crisi o insolvente. Per avviare questa procedura, il debitore deve dimostrare un’incapacità cronica di adempiere alle proprie obbligazioni. Questo tipo di procedura è generalmente più semplificata rispetto alla liquidazione giudiziale e può essere richiesta dal debitore, dai creditori o dal pubblico ministero.

Durante la procedura di liquidazione controllata, alcuni beni e crediti del debitore sono esclusi e rimangono nella sua disponibilità. Questi includono crediti impignorabili, crediti per alimenti, stipendi, pensioni, salari, e certi guadagni derivanti dall’attività lavorativa, tra gli altri.

Nuove normative e gestione attiva della crisi

Le recenti modifiche legislative, come il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, mirano a fornire un approccio più olistico alla gestione della crisi aziendale. Queste leggi hanno l’obiettivo di salvaguardare l’entità in difficoltà, anziché procedere direttamente alla liquidazione.

Infatti, questo nuovo codice apporta modifiche rilevanti, adottando un approccio innovativo alla crisi aziendale. Si passa da una visione tradizionale di fallimento a una più moderna di “liquidazione giudiziale“, con un focus sulla preservazione dell’azienda piuttosto che sulla penalizzazione dell’imprenditore.

Il Codice mira a supportare gli imprenditori nella gestione delle crisi aziendali, adottando diverse strategie:

  • Diagnosi precoce: un sistema di allerta aiuta a identificare prontamente i segnali di crisi, permettendo interventi tempestivi per evitare il deterioramento della situazione.
  • Preservazione dell’attività aziendale: si cerca di mantenere in vita le operazioni dell’azienda, anche in momenti critici, per preservarne il valore e le funzioni.
  • Soddisfazione dei creditori: si punta a garantire una soluzione equa per i creditori, anche se parziale, dei propri crediti.
  • Minimizzazione degli impatti sociali: si cerca di evitare le conseguenze negative come la perdita di posti di lavoro, proteggendo così il tessuto sociale ed economico.

La crisi aziendale secondo la Commissione europea

La Commissione Europea definisce una “impresa in crisi” come quella incapace di fronteggiare perdite imminenti. La fase di declino è caratterizzata da rallentamenti del fatturato, accumulo di scorte, e difficoltà crescenti nel gestire gli incassi. L’implementazione di strumenti di controllo finanziario, come scadenziari di tesoreria, è essenziale per monitorare e rispondere efficacemente a questi cambiamenti.