Sono in molti, in queste ore, i volti noti a intervenire sul caso di Ilaria Salis, la 39enne attivista detenuta da quasi un anno in un carcere di massima sicurezza di Budapest con l’accusa di tentato omicidio colposo in concorso. Presunto reato commesso ai danni di due neonazisti. Ciò mentre le tv italiane continuano a restituire le drammatiche immagini dell’udienza nel tribunale della capitale ungherese, a cui Ilaria Salis è stata condotta con polsi e caviglie incatenati da agenti di polizia in assetto anti-sommossa.

Tanti in sostegno di Ilaria Salis, da Fiorello ad Amnesty International a Zerocalcare

Stamattina, nel corso del suo programma “Viva Rai2!“, anche Fiorello si è schierato in favore dell’attivista italiana, lanciando un vero e proprio appello al ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Si trova in Ungheria, arrestata perché ha menato due naziskin – ha detto lo showman siciliano tra i sorrisi – Poverini i naziskin! Non l’hanno denunciata perché si vergognavano. Tajani, muovetevi ora. La vogliamo a casa! È un anno che è lì per non aver fatto niente. Ilaria, resisti che ti riportiamo a casa.

Si intitola “In fondo al pozzo” la storia a fumetti che Zerocalcare ha dedicato all’insegnate milanese. Interpellato dalla Rai, il celebre fumettista romano ha parlato di un processo politico.

A fronte di una prognosi risibile da parte di due persone – ha spiegato – Ilaria rischia di scontare fino a vent’anni di carcere. Questo avviene perché Ilaria è considerata antifascista e perché le persone aggredite sono due neonazisti. E questa cosa viene considerata da punire con maggiore accanimento.

Amnesty International ricorda la norma europea sui domiciliari

Obiettivo della difesa di Salis è ottenere i domiciliari in Italia, come previsto dalla norma europea prevista in casi come questo. Argomento su cui sta insistendo Amnesty International Italia, sebbene lo stesso portavoce dell’organizzazione, Riccardo Noury, riconosca delle difficoltà.

Potrebbe essere applicata la decisione quadro del 2009 del Consiglio europeo sul reciproco riconoscimento delle decisioni sulle “misure alternative alla detenzione cautelare”, che prevede per il detenuto, tra gli altri, i domiciliari. La regola potrebbe non necessariamente essere applicabile solo a condanna definitiva, ma anche prima. È sicuramente un discorso controverso, perché una recente sentenza della Cassazione ha sottolineato che – nell’ambito applicativo – il relativo decreto legislativo del 2016 si riferisce esclusivamente alle misure cautelari non detentive.

Persegue comunque questo obiettivo la difesa del legale Eugenio Losco.

C’è stato un primo incontro con l’ambasciatore (Manuel Jacoangeli, ndr) – racconta l’avvocato all’Ansa – e per la prima volta c’è un concreto interesse ad appoggiare la nostra richiesta che Ilaria torni a casa e sia liberata. Questo si può realizzare con la misura dei domiciliari in Italia.

Certo un passo avanti. Un altro è l’incontro tra l’ambasciatore e il ministro della Giustizia ungherese. Ma ciò non tranquillizza di certo il padre di Ilaria Salis, Roberto.

Credo che persone dell’ambasciata italiana abbiano partecipato ad almeno quattro udienze in cui mia figlia è stata portata in queste condizioni davanti al giudice – ha detto Salis ad “Agorà“, su Rai 3 – Noi, fino al 12 ottobre, quando mia figlia ha scritto una lettera, non avevamo evidenza del trattamento che stesse subendo. Gli unici a saperlo erano loro.

Delle condizioni di Ilaria Salis, a quanto pare, non sapeva nulla nemmeno il ministro Lollobrigida