Era il 30 gennaio 1948 quando il mondo intero apprendeva la notizia della morte di Mohandas Karamchand Gandhi, meglio noto come Mahatma Gandhi. Il politico indiano e leader del movimento per la libertà e per l’indipendenza dell’India aveva 78 anni. Ad ucciderlo fu un fanatico indù.

La morte di Gandhi

Gandhi trovò la morte a Nuova Delhi per mano di Nathuram Vinayak Godse. Questi lo freddò con una pistola che teneva nascosta tra i palmi delle mani, una Beretta M34, durante un incontro di preghiera. Il fanatico indù puntò l’arma contro la sua vittima e premette il grilletto per tre volte.

Il Mahatma fu raggiunto al petto. Aveva le mani ancora giunte in segno di preghiera. Si narra che quando morì mormorò “Mio Dio” e poi si accasciò per terra. Erano le 17.17. Subito il killer cercò di scappare tra la folla, ma alla fine fu fermato e catturato dalle Forze dell’ordine.

Nel gennaio del 1949 cominciò il processo nei suoi confronti. A novembre Godse venne condannato a morte. La sentenza fu messa in pratica la settimana successiva. Egli fu ucciso tramite impiccagione nella prigione di Ambala.

Nathuram Vinayak Godse passò alla storia come fanatico e criminale indiano, ma soprattutto come autore dell’omicidio di Gandhi. Quando il leader della nonviolenza venne ucciso, il suo Paese da sei mesi aveva ottenuto l’indipendenza dall’Inghilterra.

La libertà per la quale l’attivista indiano aveva combattuto per anni tramite azioni di disobbedienza civile aveva da una parte portato grande contentezza, dall’altra aveva scatenato ed ingigantito i conflitti tra la popolazione indù e la popolazione musulmana.

Non tutti insomma presero bene l’indipendenza dalla corona inglese tanto sperata da Gandhi e finalmente ottenuta il 15 agosto del 1947.

Chi era e che cos’ha fatto il Mahatma?

Gandhi, nato il 2 ottobre del 1869 a Porbandar, in India, fu soprannominato Mahatma, che significa “grande anima”. È stato il principale leader del movimento per la libertà e per l’indipendenza del proprio paese dall’Inghilterra.

L’attivista politico è stato il fondatore del movimento della non-violenza, un metodo di lotta che rifiutava qualsiasi forma di violenza e aggressività. Egli portò avanti la sua battaglia per decine e decine di anni, fino a riuscire a raggiungere il suo obiettivo.

Per quanto riguarda la biografia del leader, sappiamo che la sua vita cambiò quando aveva appena 12 anni. Fu costretto a sposarsi con una bambina della sua stessa età tramite un matrimonio combinato induista.

Insieme ebbero 4 figli. In seguito egli lottò attivamente contro l’usanza dei matrimoni combinati tra bambini nel proprio Paese.

Studiò nelle università di Ahmedabad e di Londra. Ottenne la laurea in Giurisprudenza e, per poco tempo, poi esercitò la professione di avvocato a Bombay.

Visse un periodo della sua vita anche in Sudafrica, dove entrò a stretto contatto con le condizioni di povertà, le difficoltà economiche e le discriminazioni razziali all’interno del Paese. Tornò in India allo scoppio della prima guerra mondiale.

La lotta non violenta

Era poi il 1906 quando egli lanciò ufficialmente il suo metodo di lotta basato sulla non-violenza. Egli sostanzialmente iniziò a non collaborare con il governo britannico, che continuava ad essere opprimente nei confronti delle masse.

Fu poi nell’aprile del 1919 che ci fu un altro importante cambiamento nella vita di Gandhi. A seguito di una manifestazione in cui persero la vita centinaia e centinaia di persone, egli si fece l’anima del movimento di resistenza per ottenere l’indipendenza nazionale.

Negli anni venne incarcerato più volte ed effettuò diversi e lunghi scioperi della fame. Il 15 agosto 1947 l’India riuscì finalmente ad ottenere l’indipendenza. Egli partecipò attivamente ai negoziati, svolgendo un ruolo molto importante.

Qualche mese dopo poi, come abbiamo detto, il tenace e non-violento pacificatore fu ucciso durante un incontro di preghiera dal fanatico indù Nathuram Godse.