Ha preso il via oggi a Budapest, in Ungheria, il processo a carico della maestra monzese Ilaria Salis, finita in carcere con l’accusa di aver aggredito, insieme ad altri militanti antifascisti, due neonazisti che stavano prendendo parte ad una manifestazione per il “Giorno dell’onore”. Era l’11 febbraio del 2023. Da quasi un anno è reclusa. In tanti, in tutta Italia, ne reclamano la liberazione.

Cosa ha fatto Ilaria Salis e cosa rischia nel processo apertosi a suo carico a Budapest

“Faremo di tutto per farla tornare in Italia”, aveva dichiarato il padre a Monza Today nel corso di una mobilitazione organizzata qualche giorno fa in città per chiedere la liberazione della maestra elementare, finita in carcere a Budapest con l’accusa di aver aggredito due neonazisti insieme ai membri del gruppo tedesco Hammerbande, che promuove assalti contro i fascisti.

I fatti risalgono al 23 febbraio del 2023. Ilaria Salis, di 39 anni, era in compagnia di altre persone quando, secondo le autorità locali, avrebbe picchiato alcuni estremisti di destra riunitisi per festeggiare il “Giorno dell’onore”, istituito per ricordare il battaglione nazista che durante la Seconda Guerra Mondiale tentò di impedire l’assedio della città da parte dell’Armata Rossa comunista.

Accusa che la donna – assistita dall’avvocato Gyorgy Magyar – ha sempre negato con convinzione, proclamandosi innocente. Del fatto che abbia partecipato all’aggressione, del resto, non ci sarebbe alcuna prova. Né ci sarebbero state denunce nei suoi confronti da parte dei presunti aggrediti. Nel processo a suo carico, apertosi oggi con la calendarizzazione delle udienze, rischia fino a 24 anni di carcere. Nel rinviarla a giudizio la Procura ne aveva chiesti 11.

Reclusa in condizioni disumane in Ungheria

Per l’occasione l’hanno raggiunta i genitori, che il 31 gennaio prossimo potranno incontrarla. Negli scorsi mesi hanno più volte denunciato le condizioni disumane in cui da quasi un anno la donna è costretta a vivere insieme alle altre detenute, chiedendo alle autorità italiane di farsi avanti.

Condizioni di cui ha parlato anche la 43enne bresciana Carmen Giorgio, che per tre mesi è stata sua compagna di cella. In un’intervista rilasciata a La Repubblica la donna ha confermato che in Ungheria le detenute vengono picchiate e maltrattate continuamente, venendo legate e fatte spostare “come cani al guinzaglio”, all’interno di celle piene di “topi, cimici e piccioni”.

Anche lei si è rivolta alle autorità, come lo hanno fatto le tante persone che in questi mesi hanno manifestato in favore della 39enne. Anche oggi saranno diversi i sit-in in tutta Italia. A Roma prenderà il via alle 17 davanti all’ambasciata ungherese; a Milano alle 17.30 in piazza Missori.

Gli italiani ingiustamente detenuti all’estero

Il caso di Ilaria Salis ne riporta alla mente molti altri. Si pensi a quello di Ilaria De Rosa, l’hostess italiana arrestata nel corso di una festa e poi condannata a 6 mesi di carcere in Arabia Saudita con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti.

Oppure si pensi al caso, più famoso, di Patrick Zaki, il ricercatore dell’Università di Bologna condannato a tre anni di carcere in Egitto (dopo quasi due passati in cella) con l’accusa di “diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale”, “incitamento alla protesta sociale senza permesso” e “istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo”.

Accuse false, costruite ad hoc per minare le attività in difesa dei diritti umani del giovane e usarlo come esempio contro altri attivisti. Il 18 luglio del 2023 è stato liberato. Le storie che ricordano la sua però, purtroppo, sono ancora molte.