Chi sono i riservisti dell’esercito italiano? Il governo italiano sta valutando l’ipotesi di ampliare il personale militare con un significativo numero di riservisti.
L’idea non è del tutto nuova all’interno del Ministero della Difesa. Già il precedente governo aveva pensato di rafforzare l’esercito nazionale.
Lo scenario di guerra tra Russia e Ucraina aveva infatti spinto a considerare un incremento delle truppe in caso di eventuale inserimento nel conflitto.
Allo stesso modo il perdurare degli attacchi armati tra Israele e Hamas hanno mostrato ancora una volta quanto siano labili gli equilibri politici internazionali.
L’Italia dunque cercherà di non farsi trovare impreparata nella possibile scesa in campo qualora la situazione degenerasse.
Si tratta dunque di una misura preventiva.
Chi sono i riservisti dell’esercito italiano: quali incarichi coprirebbero?
I riservisti sono personale militare aggiuntivo rispetto al servizio ordinario. Sono perciò un gruppo ausiliario rispetto alle Forze Armate dello Stato.
Secondo quanto pensato dal Ministero della Difesa, i riservisti dovrebbero essere in numero non superiore alle 10 mila unità.
Sarebbero composti in prevalenza da persone che hanno già fatto parte del servizio militare o che hanno mansioni tecniche ben specifiche.
Si tratterebbe quindi di forze che hanno già avuto incarichi in ambito militare e dunque hanno già acquisito un’idonea preparazione.
Per questo personale sarebbe previsto poi un periodo di ulteriore addestramento sia per aggiornare le tecniche di difesa sia per incrementare le capacità operative.
Tuttavia i riservisti non verrebbero impiegati in prima linea, ma sarebbero solo un’ulteriore risorsa strategica, gestionale e di pianificazione.
Ciò permette però di poter utilizzare il personale militare con maggiore qualifica direttamente sul campo ed essere opportunamente sostituito nelle mansioni secondarie da uomini altrettanto preparati.
Non è al momento chiaro se la riserva possa essere una figura volontaria.
Lo Stato infatti sta valutando l’ipotesi di richiamo forzato in servizio di individui che hanno già fatto parte dell’esercito e che oggi sono in congedo. In ogni caso i riservisti potranno essere utilizzati non sono in periodi di crisi internazionali e scenari bellici, ma anche come forza di supporto per eventi di emergenza quali il soccorso e la gestione di un accadimento calamitoso.
Una possibilità già prevista per legge
Oggi la leva militare non è più obbligatoria. È stata la legge Martino, firmata nel 2004 dall’allora Ministro della Difesa Antonio Martino, ad abolire il dovere di prestare servizio obbligatorio di un anno al raggiungimento della maggiore età.
La stessa norma ha perciò rivoluzionato le modalità di ingresso nell’esercito con l’introduzione della base volontaria.
Già nel documento, accanto all’opzione di ferma prefissata, veniva introdotta la procedura di richiamo da parte dello Stato di quei soggetti ricadenti nella categoria di riservista.
Si descriveva quindi come questa possibilità fosse direttamente collegata ad uno scenario di estrema necessità come il riorganizzarsi dopo aver subito un attacco militare.
L’attuale Ministro della Difesa Guido Crosetto ha recentemente esposto la probabile necessità di accrescere le truppe dell’esercito italiano ricorrendo ad una aliquota di riservisti aggiuntiva.
Due mesi fa lo stesso Crosetto aveva posto l’attenzione su quanto effettuato dal governo israeliano circa lo stesso tema. In quel caso le Forze di Difesa israeliane hanno obbligato circa 350 mila uomini e donne già in congedo militare a ritornare in servizio in conseguenza dell’attacco di Hamas al proprio Paese.
In quella circostanza vennero ricollocati alle armi molti cittadini israeliani con doppio passaporto e che oggi vivono in tutt’altra zona del mondo.
Il Ministro aveva quindi posto la stessa riflessione durante una commissione di Esteri e Difesa. Sarebbe la soluzione più percorribile, nonché quella più efficace, per non essere impreparati in caso di estensione del conflitto armato. Attualmente la riserva più facile da attivare sarebbe quella legata al corpo di Polizia, con il reintegro di molti uomini e donne già formati per l’attività di sicurezza sul nostro territorio.