Valeria Golino nel 2018 ha diretto “Euforia”, un film con protagonisti Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea, dove i personaggi sono costretti a confrontarsi con la propria interiorità per ritrovarsi. In un’intervista a Vanity Fair, la regista ha rivelato che lo spunto per il film proviene da una storia vera, come spesso accade quando si cerca di narrare la realtà attraverso la finzione cinematografica.

Valeria Golino e la malattia del padre

Valeria Golino ha spiegato che l’ispirazione per la trama proviene da un amico che, di fronte alla malattia del fratello, aveva agito in modo inconsueto per proteggerlo dalla bruttezza della notizia. Questo atto, seppur strano, ha colpito la regista per la sua pietà e bellezza, diventando il punto di partenza per la storia di “Euforia”.

La regista ha evidenziato l’importanza di affrontare la tematica del cancro in modo diverso rispetto al passato. Ha citato Susan Sontag, sottolineando come un tempo il cancro portasse con sé una sorta di vergogna sociale, mentre oggi il punto di vista è cambiato.

Valeria Golino ha condiviso anche la sua personale esperienza con la malattia, poiché suo padre ha affrontato un tumore e se n’è andato in un breve lasso di tempo. Alcuni dialoghi e frammenti di conversazioni con suo padre hanno trovato spazio sia in “Miele” che in “Euforia”.

Mio padre è stato male, ha avuto un tumore e poi, in un anno, se ne è andato. Alcune conversazioni che ho avuto con lui, alcuni stralci, sono entrati sia in Miele che in Euforia

Valeria Golino, raccontando la fase finale della malattia del padre, ha rivelato che, nonostante la sua condizione, ha cercato di rimanere se stesso. La regista avrebbe voluto avere un dialogo più profondo sulla malattia con suo padre, ma lui è rimasto schermato e ironico fino alla fine, mantenendo un atteggiamento distante anche in quella situazione delicata.

Per quanto possibile, mio padre ha provato a restare lo stesso uomo di prima. Per vicinanza e sentimento, avrei amato avere con lui un dialogo serrato sulle sue sensazioni, sulle reazioni che la malattia gli provocava, su cosa gli stava succedendo e su come mi sentivo anch’io nell’impotenza e nel dolore. Non è accaduto. È rimasto tutto schermato. Tutto in ombra. Papà non ha mai avuto un’attitudine testamentaria ed era molto ironico. Gli chiedevo: “Ma tu sei credente?”, e lui, sul divano, già acciaccatissimo, rispondeva quieto: “Beh, piccolina, a questa domanda si può rispondere in varie maniere, ma dipende”. “E da cosa dipende?”. “Dalle circostanze e dall’interlocutore”. Usava un linguaggio molto divertente, mio padre.