Davanti agli inquirenti che lo hanno interrogato, Luca De Bonis ha confessato di aver ucciso l’amico Manuel Millefanti, trovato morto dalla madre nella sua casa di via Marconi ad Oltrona di San Mamette, nel Comasco, alle prime luci dell’alba del 22 gennaio scorso.

Manuel Millefanti ucciso dall’amico Luca De Bonis ad Oltrona: la confessione

L’uomo, di 33 anni, era stato fermato nelle ore successive al delitto mentre vagava per le vie di Oltrona. Messo alle strette, al termine di varie ore di interrogatorio ha ora confessato di aver ucciso l’amico Manuel Millefanti accoltellandolo al cuore, sostenendo però di aver agito per difendersi, dal momento che lui gli aveva dato uno schiaffo facendolo cadere a terra.

Avevano trascorso la nottata bevendo vino, birra e grappa, come dimostra una foto pubblicata sui social dal killer attorno a mezzanotte e mezza, che li ritrae insieme davanti a un tavolo colmo di bottiglie. Poche ore più tardi, al culmine di una lite, De Bonis avrebbe colpito Millefanti tra il pettorale e la scapola.

Lui, in fin di vita, era riuscito a mettersi in contatto con la madre e a raccontarle l’accaduto. Quando la donna era arrivata sul posto dalla sua abitazione, che dista poche centinaia di metri, lo aveva trovato morto in salotto e aveva dato l’allarme. De Bonis a quel punto si era già allontanato, nascondendo il coltello insanguinato in una cascina abbandonata.

È possibile che, come sostiene, si sia difeso da un‘aggressione dell’amico o ha colpito per primo? Perché? C’erano stati dei dissapori, tra loro? Sono solo alcuni dei nodi ancora da sciogliere sul caso. Sui social, intanto, non mancano i commenti di chi accusa l’uomo di aver tolto la vita all’amico senza un motivo. “Ti ha ospitato col cuore, perché tradirlo così?”, recita uno dei tanti.

Un altro invece ricorda i precedenti del 33enne, disoccupato e con problemi di droga. “Solo loro sanno la verità”, aggiunge. Per questo è importante che De Bonis racconti per filo e per segno com’è andata quella notte.

I precedenti

Una settimana fa un cittadino marocchino di 47 anni era stato fermato a Rozzano con l’accusa di aver accoltellato l’amico ed ex dipendente Aissam Fardou, di 32 anni. Sembra che si fossero incontrati nei pressi di un’officina di via Marino per motivi di lavoro quando il 47enne l’avrebbe colpito con un coltello da cucina, caricandolo ferito in auto e abbandonandolo a circa tre chilometri di distanza, nella casa al piano terra di una palazzina di via Pavese.

Il 32enne era riuscito a chiedere aiuto, facendosi accompagnare al pronto soccorso, dove era morto qualche ora dopo. Sembra che col suo assassino avesse dei debiti. Questo il movente, diverso rispetto a quello che aveva portato il 30enne Michael Alessandrini a scagliarsi con violenza contro l’amico Pierpaolo Panzieri a Pesaro.

I fatti risalgono al 20 febbraio scorso. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Panzieri avrebbe colpito il 27enne con 13 coltellate al culmine di una lite scoppiata perché era geloso dei presunti contatti che l’amico aveva con quella che lui riteneva essere la sua fidanzata, Julia, che avrebbe poi smentito la relazione.

Subito dopo si era dato alla fuga: qualche giorno dopo l’omicidio era stato rintracciato e fermato in Romania, dove aveva ammesso le proprie responsabilità. Interrogato, ha detto agli inquirenti di aver ucciso Panzieri su ordine del dio ebraico Jhavè. Gli esperti che lo hanno visitato in carcere lo hanno giudicato seminfermo di mente, ma in grado di stare a processo.