Si chiama Ringo Gurgevic ed ha 30 anni, il terzo uomo fermato per l’omicidio del 14enne romeno Alexandru Ivan, consumatosi lo scorso 12 gennaio nel parcheggio della metro C Pantano di Monte Compatri, a Roma. Sarebbe il fratello di Dino Petrow e il cugino di Corum Petrow, già arrestati. Ad incastrarlo i tabulati telefonici.
C’è un terzo fermato per l’omicidio di Alexandru Ivan: ecco chi è Ringo Gurgevic
Il primo uomo fermato, Corum Petrow, si era presentato spontaneamente in caserma due giorni dopo l’omicidio del 14enne, consumatosi in via Casilina, a pochi passi dalla metro C Pantano, nella tarda serata del 12 gennaio scorso.
Agli inquirenti aveva detto di essere stato lui a fissare un appuntamento con il patrigno della giovane vittima, con cui un suo parente, qualche ora prima, aveva avuto una violenta discussione in un bar. Stando al suo racconto, dopo essere arrivato nei pressi del parcheggio di Monte Compatri, avrebbe visto diverse persone armate di mazze e di coltelli in compagnia di Maciuca, decidendo di andarsene.
Una versione dei fatti smentita dagli investigatori, secondo cui Petrow si trovava nell’auto dalla quale quella sera partirono i colpi mortali, rivolti, in realtà, al patrigno del 14enne. Ad accompagnarlo c’erano il fratello Dino Petrow e il cugino Ringo. Il primo era stato rintracciato e fermato nell’abitazione di una zia a Treviso, in Veneto, dopo essersi dato alla fuga.
Ringo invece è finito in manette nelle scorse ore, grazie all’analisi dei tabulati telefonici. Si trovava ad Aprilia, in provincia di Latina. Come gli altri due è accusato, per il momento, di omicidio in concorso.
I funerali della vittima a Valmontone
Mentre le indagini proseguono serrate per rintracciare eventuali altri complici dei tre fermati, a Valmontone centinaia di persone si sono strette per l’ultimo saluto ad Alexandru Ivan. Durante la cerimonia, officiata da padre Iosif Ciontu, Parroco della chiesa ortodossa di San Stefano arcidiacono, i genitori e il patrigno del 14enne sedevano in prima fila, commossi.
Intercettati dai microfoni dei giornalisti, nelle scorse settimane avevano fatto sapere di voler fare tutto il possibile per arrivare alla verità su quanto accaduto. Per ora gli aspetti certi della vicenda sono pochi.
Si sa che Tiberiu Maciuca, il patrigno del ragazzo, aveva discusso violentemente con qualcuno poche ore prima e che, per chiarire, si era messo d’accordo con lui e con i suoi parenti per un incontro.
Si sa che, una volta arrivato nei pressi della metro – insieme al figliasto, a suo nonno e ad altri parenti, incluse due donne – era stato preso di mira dai rivali, che a bordo di un’auto in corsa avevano iniziato a sparargli contro.
Non si sa se la loro fosse l’unica auto o se – come Corum Petrow ha riferito – ce ne fossero diverse. E non si sa perché Alexandru abbia deciso all’improvviso di scendere dalla vettura in cui si trovava, attirando su di sé i proiettili.
Per ricostruire l’esatta dinamica della sparatoria si stanno passando al vaglio le telecamere di videosorveglianza installate nei pressi del parcheggio: quelle di una stazione di servizio, di una farmacia, di un ristorante e di una tabaccheria.
Una volta accertate le relative responsabilità, bisognerà chiarire il movente. L’ipotesi è che dietro tutto si celi un regolamento di conti per droga, anche se molti hanno parlato di un semplice “sguardo” di troppo, di una lite scoppiata per futili motivi che in nessun modo riguardava la vittima, ricordata da tutti con immenso affetto.