Il film “Quando Hitler rubò il coniglio rosa” è tratto dall’omonimo romanzo autobiografico per bambini di Judith Kerr, scrittrice, sceneggiatrice ed illustratrice di origini tedesche ed ebraiche. Pubblicato nel 1971, il libro racconta la storia della sua infanzia segnata dalla fuga dalla Germania nazista nel 1933, quando, a soli undici anni, si trasferì a Londra con la famiglia. Si tratta di una storia in gran parte autobiografica, che si concentra sulla sofferenza inflitta agli ebrei a causa del nazismo, attribuendo un significato simbolico al coniglio rosa, che rappresenta l’infanzia negata a causa della follia nazista.

“Quando Hitler rubò il coniglio rosa” è una storia vera?

Sia nel romanzo che nel film “Quando Hitler rubò il coniglio rosa” Judith Kerr narra la sua odissea con una prospettiva unica: quella dei bambini. Pur non essendo Anna Frank, condivide con lei, per un curioso scherzo del destino, il nome di battesimo, Anna. Ed è così che ha scelto di chiamare la versione romanzata di sé.

Il libro trae ispirazione dall’infanzia di Judith Kerr, figlia di uno scrittore e critico teatrale oppositore del regime nazista. La scrittrice ha iniziato a scrivere il romanzo dopo aver avuto l’ispirazione mentre guardava la commedia musicale “Tutti insieme appassionatamente” con suo figlio di otto anni.

La decisione di narrare la propria storia da bambina è stata motivata dalla volontà di rivelare la dura realtà del nazismo attraverso gli occhi di un bambino, offrendo una testimonianza autentica e toccante di quel periodo storico.

Chi era Judith Kerr?

Nata a Berlino il 14 giugno 1923, Judith Kerr ha vissuto un’infanzia tranquilla fino a quando l’ascesa del partito di Hitler ha stravolto la sua vita a soli nove anni. Come tante altre bambine della sua età, frequentava la scuola, giocava con i suoi pupazzi, tra cui il coniglio rosa del titolo, e litigava con il fratello maggiore Max. Tuttavia, il clima politico instabile l’ha costretta a dire addio al mondo che conosceva, senza avere il tempo di capire appieno cosa significasse essere sradicati.

Da Berlino, Judith è stata costretta a trasferirsi a Zurigo e successivamente a Parigi, sperimentando la vergogna della segregazione razziale e il costante pericolo di non sopravvivere. In continuo movimento, senza la possibilità di stabilirsi, cambiava costantemente casa, reti sociali e abitudini. Questo ciclo ha avuto fine solo quando è arrivata a Londra, una città che le ha offerto la possibilità di ricominciare a sorridere con la spensieratezza della sua giovinezza.

Judith Kerr, divenuta adulta, ha continuato a scrivere opere di successo, tra cui “La stagione delle bombe”, un altro romanzo autobiografico che rievoca la sua terribile esperienza durante il nazismo. Il film, diretto da Caroline Link nel 2019, narra la storia di Max e Anna, bambini di origine ebraica a Berlino durante l’ascesa del nazismo.

La famiglia decide di fuggire per evitare le persecuzioni naziste, attraversando varie tappe e paesi, affrontando difficoltà economiche e sociali. La storia riflette sulle vite sconvolte dalla guerra, ma anche sulla resilienza e la ricerca di un luogo sicuro.