La Corte di Cassazione di Roma lo ha condannato in via definitiva all’ergastolo, riconoscendolo colpevole dell’omicidio della 18enne Pamela Mastropietro, consumatosi a Macerata il 30 gennaio del 2018: ecco chi è Innocent Oseghale. Secondo la madre della vittima non era solo quando aggredì mortalmente la figlia dopo averla violentata, riducendone in pezzi il corpo.

Condannato in via definita all’ergastolo per l’omicidio di Pamela Mastropietro: chi è Innocent Oseghale

Innocent Oseghale ha 35 anni ed è originario della Nigeria. Ieri, 23 gennaio, è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per aver violentato, ucciso e fatto a pezzi la 18enne Pamela Mastropietro. Era il 2018. L’uomo aveva da poco lasciato il centro di accoglienza in cui aveva trovato ospitalità come aspirante rifugiato, a Macerata, avviando un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti.

Sul finire di gennaio in un parco cittadino si era imbattuto nella giovane che, come già aveva fatto altre volte, era fuggita dalla comunità di recupero per tossicodipendenti in cui si trovava, in cerca di eroina. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, dopo averle ceduto una dose l’avrebbe convinta a seguirlo nell’appartamento in cui viveva, in via Spalato.

Lì, approfittando delle sue condizioni di fragilità psico-fisica, l’avrebbe prima violentata sessualmente e poi accoltellata fino a lasciarla esanime. Il suo corpo ridotto in pezzi dopo essere stato lavato con la candeggina – era stato trovato senza vita all’interno dei due trolley di colore rosso e blu che aveva portato con sé quando era scappata, abbandonati in un fossato di campagna a pochi chilometri dalla città.

Oseghale era immediatamente finito nel mirino degli inquirenti, perché i filmati di alcune telecamere di videosorveglianza lo avevano immortalato in compagnia della 18enne, arrivata in via Armando Diaz dopo aver chiesto un passaggio a due automobilisti della zona, poi indagati.

Il processo a carico del 35enne

Nel febbraio del 2019 il 35enne era finito a processo con le accuse di violenza sessuale, omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere, ma continuava a proclamarsi innocente, sostenendo che Pamela fosse morta a causa di un’overdose da eroina.

Ad incastrarlo, oltre agli accertamenti condotti sul cadavere della giovane, sarebbe stata, alla fine, la testimonianza di un suo compagno di cella, l’ex boss della ‘ndrangheta Vincenzo Marino, diventato collaboratore di giustizia, davanti al quale Oseghale aveva ammesso le proprie responsabilità.

Era stato condannato all’ergastolo. La Corte di Cassazione ha ora deciso di giudicare “inamissibile” il ricorso presentato dalla difesa, che puntava a proscioglierlo dall’accusa di violenza sessuale, e ha confermato, per l’imputato, il massimo della pena.

La questione dei complici

Nel commentare la sentenza di terzo grado, la madre di Pamela Mastropietro, Alessandra Verni, ha spiegato di essere soddisfatta solo in parte. Secondo lei, infatti, il 35enne nigeriano non agì da solo, quando abusò della figlia, uccidendola e distruggendone il corpo.

“Chiedo ad Oseghale di pentirsi e di dire chi era con lui […], che faccia i nomi e dica tutta la verità su quello che è successo quel giorno”, ha dichiarato ai microfoni dei cronisti all’uscita dall’aula. L’ipotesi è che all’interno dell’abitazione in cui si consumò il brutale omicidio fossero presenti anche altre persone.

Per questo i familiari continueranno a lottare. Il loro obiettivo è ottenere giustizia, come quelli di Giulia Tramontano – accoltellata e data alle fiamme dal compagno Alessandro Impagnatiello al settimo mese di gravidanza -, a cui ieri Verni si è rivolta con queste parole: “Combattete e non mollate mai”. Al suo fianco c’era anche Pietro Orlandi, che da oltre quarant’anni chiede verità sulla vicenda della sorella Emanuela, scomparsa a Roma e mai ritrovata.