Originario della provincia di Varese, Gigi Riva è diventato un simbolo di Cagliari e della Sardegna: l’affetto e l’amore dell’intera isola per lui rimarranno indelebili per sempre. In un momento cruciale della sua carriera, quando la città temeva la possibile partenza del calciatore amato e idolatrato, il campione ha scelto di respingere le avances della Juventus di Agnelli.

Perché Gigi Riva rifiutò la Juventus?

La motivazione del rifiuto di Riva alla Juventus era semplice ma potente: si sentiva ormai a tutti gli effetti un simbolo del Cagliari e della città.

Gigi fu il fulcro della vittoria dello Scudetto del 1970, che rimane l’unico nella storia del Cagliari. Sette stagioni consecutive con almeno dieci gol segnati, Riva si ergeva come simbolo del Mondiale messicano, anche se, a causa di un infortunio nel 1971, il Pallone d’Oro andò a Rivera. Il suo soprannome, “Rombo di tuono”, era altisonante e impegnativo, ma Riva lo portava con dignità, diventando un’icona per tutti, tranne che per se stesso.

Il 14 luglio del 1973, la Juventus, tentata da Riva, propose al Cagliari e a Riva un’offerta allettante: due miliardi di lire e sei giocatori, tra cui Gentile, Bettega e Cuccureddu oltre a un miliardo per Gigi. Il Cagliari era disposto a concludere l’affare, ma Riva, fedele alla sua gente, rifiutò categoricamente. La sua lealtà prevalse sulla seduzione finanziaria, una scelta che testimonia il profondo legame che aveva instaurato con la città e il popolo di Cagliari.

Il racconto di Gigi Riva: “Sarebbe stata una vigliaccata andare via”

A raccontare i motivi del rifiuto alla Juventus, è stato lo stesso Riva in un’intervista:

Quando Arrica, il mio presidente, scoprì che non andavo, non fu contento per niente. Ma non sono testone: io ero una persona chiusa, avevo avuto un’infanzia tragica, i miei genitori erano mancati presto. Poi sono venuto a Cagliari e abbiamo costruito una gran bella cosa: lo scudetto era il sogno di ogni squadra. La Sardegna mi aveva già conquistato. Quando vedevo la gente che partiva alla 8 da Sassari e alle 11 lo stadio era già pieno, capivo che per i sardi il calcio era tutto. Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo. I banditi facevano i banditi per fame, perché allora c’era tanta fame, come oggi purtroppo. Il Cagliari era tutto per tutti e io capii che non potevo togliere le uniche gioie ai pastori. Sarebbe stata una vigliaccata andare via, malgrado tutti i soldi della Juve. Dopo ogni partita spuntava Allodi che mi diceva “Telefoniamo a Boniperti?”. Ma io non ho mai avuto il minimo dubbio e non mi sono mai pentito.