Luigi Riva, detto Gigi, è stato uno dei personaggi più iconici del calcio italiano. La sua vita è stata segnata anche da problemi di salute: mentale e fisica.

Nel 2020, l’ex calciatore ha condiviso la sua storia nel romanzo “Mi chiamavano Rombo di Tuono”, in cui ha affrontato apertamente il tema della depressione che lo ha accompagnato per gran parte della sua vita, intensificandosi dopo il suo ritiro dal calcio.

Negli ultimi anni poi sono arrivati i problemi cardiaci, che hanno portato alla sua morte il 22 gennaio 2024.

Che malattia aveva Gigi Riva?

L’infarto e poi la morte

Gigi Riva era stato ricoverato il 21 gennaio 2024, presso l’ospedale di Cagliari dopo aver subito un malore, precisamente un infarto, mentre si trovava a casa. Solo poche ore prima del suo decesso, intorno alle 19 del 22 gennaio, era stato rilasciato un bollettino medico che indicava uno stato di serenità del paziente e condizioni stabili. Tuttavia, poco dopo, Riva ha subito un nuovo malore ed è giunta la tragica notizia del suo decesso.

La depressione

Gigi Riva ha parlato della battaglia contro la depressione prima nel suo libro e poi in alcune interviste:

Non sono mai stato un chiacchierone. Mi piacciono i silenzi, mi piace semmai parlare con me stesso. Il silenzio è stata una parte importante della mia vita, che quand’ero troppo giovane mi ha detto: «Arrangiati». E io mi son dovuto arrangiare. Mi sono chiuso, questo sì. Ma non è vero che sono diventato triste o malinconico: ho dovuto semplicemente fare i conti con l’infanzia che ho avuto, con i lutti, con le nottate a occhi spalancati aspettando il sonno che non arrivava. Il calcio mi ha aiutato, mi ha dato tanto per non dire tutto. Ma quando sono uscito per sempre dal campo, dal sogno che si era avverato e aveva tenuto lontani, entro certi limiti, i fantasmi notturni, ho dovuto cominciare a fare i conti, fino a lì sempre rimandati, con quella parola. Depressione. Che fatico persino a pronunciare, perché significa farmi del male. Il calcio, la carriera, i gol erano stati la reazione che mi serviva: prima una spinta, poi un propellente vero e proprio a mano a mano che arrivavano i successi. Venendomi a mancare tutto questo di colpo, non con un declino progressivo come avevo sempre pensato sarebbe successo, mi sono sentito perso.

In un’intervista, Rombo di Tuono ha raccontato che sono stati i suoi due figli a salvarlo e a permettergli di uscire dal tunnel della depressione:

Per fortuna, nel momento peggiore, mi hanno salvato i figli. Prima è nato Nicola, poi Mauro, e la vita è tornata ad avere un senso. Grazie a loro quella brutta parola che ho scritto una volta sola, e non voglio ripetere, è stata superata. Comunque è regredita, tornando a manifestarsi ogni tanto ma non in quella misura. Un problema di testa con cui ho imparato a convivere. Mai del tutto, perché quando si rifà vivo rimane un brutto avversario da affrontare. Mi vien da dire che invecchiare non aiuta, per tante ragioni, ma è vero fino a un certo punto: avevo poco più di trent’anni quando l’ho conosciuta nella sua forma peggiore