L’Ocse nell’Economic Survey sull’Italia ha sottolineato che la crescita sta rallentando e il debito pubblico si può abbassare riducendo le pensioni ai più ricchi.

Le proiezioni parlano chiaro ed il Pil italiano crescerà dello 0,7% nel 2024. Per ridurre l’aumento del debito pubblico italiano che ha sfiorato i 3mila miliardi di euro nel 2023 è necessario eliminare in modo graduale i regimi che danno la possibilità di andare in pensione in anticipo. Inoltre, nel medio-lungo termine sarebbe necessario tassare maggiormente le pensioni ai più ricchi: è quanto sottolinea l’Ocse.

Scopriamo in questa guida quali sono i dati messi in evidenza dall’Ocse e quali sono gli obiettivi che l’Italia dovrebbe raggiungere con ambizione.

PIL italiano, si può abbassare il debito pubblico riducendo le pensioni ai più ricchi

Nell’ Economic Survey sull’Italia l’OCSE ha sottolineato che la crescita è stata sostenuta, ma sta mostrando segnali di rallentamento. Il PIL tricolore dovrebbe crescere dello 0,7 percento per il corrente anno. Si attende una ripresa dell’attività economica anche se sarà graduale e labile. È quanto mette in evidenza anche il bollettino economico di Banca d’Italia.

Lo scenario è più ottimistico dal momento che si attende il taglio dei tassi di interesse. Ci si attende un rallentamento dell’inflazione, che dovrebbe diminuire a poco più di due punti percentuali nel corso del corrente anno appena iniziato. Il rallentamento del trend inflattivo dovrebbe permettere ai nuclei familiari ed alle aziende italiane di aumentare il potere di acquisto.

Come messo in evidenza dal report “Il debito pubblico in Italia”, l’anno scorso il debito pubblico tricolore ha sfiorato i 3mila miliardi di euro: si tratta di una cifra record cresciuta all’indomani della crisi finanziaria innescata dall’emergenza pandemica. L’Ocse ha sottolineato che per ridurre la spesa pubblica si dovrebbe eliminare i regimi di pensione anticipata in modo del tutto graduale.

La parziale de-indicizzazione degli assegni previdenziali d’oro dovrà essere sostituita da una tassa che andrà a gravare sugli importi delle pensioni più elevate. Il governo, nelle prossime revisioni della spesa pubblica, dovrà realizzare risparmi di bilancio più consistenti.

L’incremento della spesa per la sanità e per le pensioni porterebbe ad un aumento inevitabile del debito pubblico a oltre 180 punti percentuali del PIL entro il prossimo ventennio. Un aumento ulteriore della spesa pubblica renderebbe l’Italia più esposta agli shock dei conti pubblici.

Ocse, Pensioni: i giovani si ritireranno dal mercato occupazionale a 71 anni  

Attualmente l’età media per andare in pensione è pari a 67 anni, mentre i giovani che hanno iniziato ora a lavorare lasceranno il mercato occupazionale a 71 anni. È quanto previsto dall’Ocse nel Rapporto “Pensions at a glance”: il sistema contributivo punta ad evitare che i lavoratori vadano in pensione troppo presto con assegni previdenziali troppo esigui.

Nonostante l’aliquota contributiva sia di importo elevato, le entrate derivanti dal montante contributivo rappresentano solo l’undici percento del PIL. Chi inizia a lavorare adesso si prevede che i 22enni di oggi lasceranno il mercato occupazionale a 71 anni.

Ocse, tassare di più i patrimoni

Per contenere e ridurre il livello di debito pubblico, l’Italia dovrebbe essere più ambiziosa e dovrebbe tassare di più i patrimoni (eredità e beni immobiliari) per detassare gli stipendi. Ocse si raccomanda di limitare la flat tax ed i regimi forfettari. Inoltre, l’Italia dovrebbe essere più ambiziosa nello stimolare i pagamenti digitali per contrastare l’evasione fiscale e nell’abbassare il tetto ai contanti.  

Stipendi cresciuti dell’1%

Il Report dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp) ha messo in evidenza che gli stipendi sono cresciuti dell’1% nell’arco di tempo compreso tra il 1991 ed il 2022.

La labile crescita contrasta con oltre i 32 punti percentuali registrati nell’area Ocse. Secondo il report questo dato sulla crescita degli stipendi in Italia è correlato alla bassa produttività del lavoro.