Le stablecoin sono state introdotte con un preciso intento: garantire quella stabilità che è evidentemente impossibile conseguire con le criptovalute tradizionali. Per cercare di evitare le fibrillazioni che caratterizzano Bitcoin e Altcoin, è stato elaborato un meccanismo che punta a mantenere la quotazione dell’asset in un range estremamente ristretto.
In pratica, per effetto di questo meccanismo, ogni token emesso dovrebbe valere un’unità di un bene ad esso collegato. Solitamente è il dollaro statunitense ad essere adottato come collaterale, ma anche altri beni, ad esempio l’oro fisico possono essere utilizzati in tal senso.
Le stablecoin ancorate a beni fisici, però, non sono le sole a proporsi la stabilità. Ce ne sono anche altre che si prefiggono la stessa missione, ma con modalità diverse. In particolare, l’attenzione dell’opinione pubblica si è appuntata, nel corso degli ultimi anni, su quelle algoritmiche. Un’attenzione acuita dal clamoroso crollo del loro campione, ovvero Terra (LUNA), la stablecoin lanciata da Do Kwon miseramente fallita dopo aver suscitato aspettative smodate.
Stablecoin algoritmiche: cosa sono
Per stablecoin algoritmiche si indicano quelle che cercano di mantenere un rapporto paritario, o quasi, tra esse e un’altra criptovaluta che le sostiene. Nel caso di Terra, il rapporto di parità era con LUNA, la criptovaluta cui era affidato il compito di mantenere l’ancoraggio paritario con l’asset di riferimento, il dollaro USA.
Il meccanismo ideato, per mantenere costante il prezzo, si andava a tradurre in un’opportunità di arbitraggio. In caso di offerta inadeguata rispetto alla domanda, il prezzo tendeva ad alzarsi superando la parità con il dollaro. Al fine di riportarlo sotto quella soglia il protocollo permetteva quindi di scambiare un USD di LUNA con un UST su Terra. Nello scambio generato, veniva bruciato un USD e coniato un UST, che gli utenti potevano decidere di vendere a 1,01 USD, intascando la differenza pari ad un centesimo. Se si pensa che il profitto in questione sia irrisorio, occorre però precisare che chi conduceva questo genere di operazione lo faceva coinvolgendo grandi quantitativi di token.
Naturalmente, il meccanismo si traduce nell’esatto inverso in caso di offerta nettamente superiore alla domanda. In quel caso gli utenti avevano facoltà di acquistare un UST per 0,99 USD, per poi scambiarlo per un USD di LUNA. Nella transazione veniva sottoposto a coin burn un UST e coniato un USD di LUNA, con il conseguimento di analogo profitto.
Pro e contro della stablecoin algoritmiche
Il caso di Terra (LUNA) è in grado di racchiudere tutti i termini della discussione in atto a proposito di questo genere di stablecoin. Alla fine, il meccanismo ideato per conseguire la stabilità si è infatti rivelato non in grado di farlo. In tal modo si è tramutato nel suo esatto opposto, introducendo nuova instabilità sul mercato, che secondo molti osservatori è stata insieme al crac di FTX il detonatore per il successivo crypto winter.
Se si pensava che un meccanismo di questo genere fosse in grado di procurare soltanto vantaggi, l’epilogo della vicenda ha invece fatto capire come si trattasse di una semplice illusione. Se è vero che queste stablecoin esaltano il concetto di decentralizzazione, con il codice a dettare le regole, al tempo stesso necessitano di condizioni senza le quali il sistema può saltare fragorosamente.
La prima condizione è rappresentata da una domanda minima che deve essere costante. Cui si aggiunge la dipendenza da investitori indipendenti e motivati a condurre arbitraggi, in modo tale da conservare l’ancoraggio al bene di riferimento. Infine, quando l’incertezza si affaccia sul mercato, oppure si propagano informazioni allarmistiche, le reazioni di massa possono sfociare in un rapido deprezzamento di questo genere di stablecoin. Terra (LUNA) non è il solo caso di questo genere, anche se abbiamo deciso di prenderlo come emblema di questi particolari token.