In queste ore tiene banco il ‘caso Maignan’, continuano i messaggi di solidarietà verso il portiere francese vittima di un episodio di razzismo durante il match tra Udinese e Milan, di questo e altro è intervenuto Claudio Gavillucci in esclusiva a Tag24.
Gavillucci torna sul caso Maignan
“Mi hanno cercato perché mi hanno riconosciuto come il simbolo dell’inizio per la lotta al razzismo“. In occasione degli ultimi avvenimenti e degli episodi di discriminazione non solo ad Udinese ma anche a Salerno, dove Retegui è stato colpito da oggetti provenienti dagli spalti, Claudio Gavillucci si fa simbolo dell’inizio per la lotta ad una discriminazione che, però, continua a creare disagio fuori e dentro il campo.
In quel frangente Gavillucci, arbitro che sospese Sampdoria-Napoli per cori razzisti contro Kalidou Koulibaly, fu il precursore di un atteggiamento che andava a sdoganare la tolleranza verso gesti di razzismo, una percezione che oggi è cambiata e che attraverso tutti gli organi calcistici affronta in modo diretto il problema:
“Gli arbitri hanno raggiunto una consapevolezza del problema rispetto al 2018, dove fui una mosca bianca e feci qualcosa di eclatante. C’è stata tanta freddezza, anche nelle dichiarazioni da parte dei massimi esponenti del calcio italiano. Era qualcosa di non comune e si era sottovalutata, da quel momento in poi fino ad oggi c’è maggiore consapevolezza: la priorità non è più ‘the show must go on’ ma ‘fermiamoci’. È necessario che lo capiscano i tifosi e anche e soprattutto chi dovrà fare le regole per debellare questa piaga”.
Ne è di esempio l’umanità, come sottolinea l’ex direttore di gara, dell’arbitro Maresca che ha compreso la gravità del momento e ha assecondato le emozioni e le sensazioni dell’uomo prima ancora che del giocatore:
“Maresca ha compreso il momento e lì le regole non contano più, perché sei un uomo prima di essere un arbitro. Per fortuna Maignan ha deciso di uscire dal campo, perché se non avesse scelto di fare quel gesto sarebbe rimasto un episodio all’interno delle cronache sportive della giornata. Invece quel gesto ha fatto sì che fossimo qui a discuterne. In questo momento di vuoto normativo i calciatori hanno il potere di scuotere le coscienze: se anche i giocatori dell’Udinese fossero entrati nello spogliatoio, i tifosi cosa avrebbero fatto?”
Gavillucci precursore di un problema che è necessario risolvere
Era il 13 maggio 2018 quando Gavillucci fu dimesso dal Can A proprio dopo gli avvenimenti della partita tra i blucerchiati e i partenopei, oggi non arbitra più in Serie A. Allora, forse, le cose erano diverse ma l’episodio ha creato inevitabilmente una reazione a catena:
“Il primo episodio, quello tra Samp e Napoli, fu a maggio, poi c’è stato quello di dicembre a Milano, contro l’Inter, dove fu protagonista sempre Koulibaly. In quel caso l’arbitro non sospese la gara, ma dopo un mese cambiarono le regole in Italia e si è deresponsabilizzato l’arbitro dando pieno potere al Responsabile dell’Ordine Pubblico. Da una parte è stata una mossa che ha agevolato il direttore di gara, perché durante una partita deve essere concentrato su una serie di elementi, e qualcosa può sfuggire inevitabilmente, dall’altra però è necessario che entri in empatia con i giocatori e comprenda il momento”.
È certamente necessario fare qualcosa e nel più breve tempo possibile, in questo le società sono vittime di un sistema che non le agevola e delle tifoserie. Nè di esempio l’episodio a Salerno, dove Retegui è stato colpito da oggetti lanciati dagli spalti, avvenuto il giorno dopo quello di Udine:
“Le società sono vittime, quando dicono ‘3-0 a tavolino’ io non sono d’accordo. Le società devono lavorare insieme alla forza pubblica e insieme alla Federazione affinché ci sia una riqualificazione del tifo, a quel punto si potrà parlare con i tifosi. Molte società sono ostaggio delle tifoserie, purtroppo è così, inoltre la maggior parte degli impianti fatiscenti di cui le società non sono proprietarie sono porti franchi: entra di tutto e succede di tutto, basti pensare non soltanto a quello che è successo a Udine con Maignan, ma anche quello che è successo a Salerno con Retegui.”
Altrettanto complessa la distinzione degli individui in questione, processi lenti che possono concludersi anche con un nulla di fatto. Un problema avallato dalla fatiscenza e dal degrado delle strutture in cui si seguono le partite:
“Difficile individuare i soggetti, in Inghilterra queste persone sarebbero state individuate, cacciate dallo stadio e processate prima della fine della partita. Hanno gli strumenti e gli stadi adeguati per poterlo fare. Successe al Chelsea quando ne fu vittima Stearling e l’individuo fu bannato a vita. In tal senso la proposta dell’Udinese io la accolgo in pieno”.
In tal senso Gavillucci, dopo essersi trasferito in Inghilterra dal 2019 per i 3 anni successivi, ha decio di mettere in piedi un’associazione volta a esportare competizione e valori sani attraverso l’arbitraggio in paesi differenti:
“Dopo l’avventura calcistica in Italia sono emigrato in Inghilterra per 3 anni, lì poi ho messo in piedi un’associazione che si chiama ‘Referee Abroad’ e che parte da principi come la competizione sportiva leale, la prevaricazione dell’avversario in maniera onesta e la diffusione di valori come l’uguaglianza tra popoli, religioni, culture ed etnie. L’associazione porta i giovani in giro ad arbitrare nei tornei internazionali giovanili, abbiamo arbitri che provengono da 40 paesi differenti e i tornei sono sparsi in 30 nazioni in giro per il mondo”.