È ufficiale: la presidente della Casa delle Donne “Lucha y Siesta” è stata assolta con formula piena dal giudice monocratico di Roma. Cadono così tutte le accuse precedentemente mosse per la vicenda legata all’occupazione di uno stabile in via Lucio Sestio, situato nella periferia del Tuscolano.
Roma, la presidente di “Lucha y Siesta” è stata assolta
La notizia dell’assoluzione della numero uno dell’associazione “Lucha y Siesta” riguardo all’occupazione dell’immobile di via Lucio Sestio è arrivata oggi, lunedì 22 gennaio 2024. È stata comunicata nel corso di una conferenza stampa avvenuta all’esterno di piazzale Clodio. A tale conferenza hanno preso parte diverse attiviste dell’associazione.
Nel “mirino” era finita appunto la presidente della Casa delle Donne. A difenderla è stata la sua legale, l’avvocatessa Federica Brancaccio. Le donne appartenenti all’associazione hanno fatto sapere che finalmente la presidente è stata assolta. Il processo a suo carico si è concluso così.
Le attiviste hanno affermato che sono dovute arrivare fino alla “quarta udienza”. Poi hanno parlato di questa assoluzione come di una “vittoria collettiva”. Una vittoria “di tutte e di tutti”.
Inoltre, sempre oggi, all’esterno del tribunale le donne hanno affisso uno striscione con una scritta molto significativa. “L’antiviolenza non si processa”, si legge sul manifesto.
Le accuse
L’associazione dal 2008 accoglie donne vittime di violenza di genere in uno stabile situato appunto in via Lucio Sestio, al numero civico 10. Ci troviamo nella zona sud di Roma. L’edificio, che risultava essere abbandonato da anni, era di proprietà di Atac, l’azienda che gestisce i trasporti pubblici a Roma.
Nel 2008 appunto le donne, le attiviste e tutti i membri di “Lucha y Siesta” si erano date da fare per risistemare l’immobile che prima era in stato di abbandono e trasformarlo in una casa rifugio.
Dopo diversi anni però, l’azienda capitolina Atac ha deciso di presentare una denuncia alle autorità. Tale denuncia aveva dato vita in seguito al processo. Aveva chiesto come risarcimento oltre 1 milione di euro. Lo scorso novembre poi ha annuncio il suo ritiro dal processo.
A risponderne comunque sono state le persone ai vertici dell’associazione. Ma non è finita qui.
Il ruolo della Regione Lazio
In un secondo momento, la Regione Lazio aveva deciso di acquistare l’immobile per salvare l’importante servizio sociale offerto da “Lucha y Siesta”. Sul fronte giudiziario però, nel frattempo nulla era terminato. Tutto, anzi, era andato avanti.
Poi nell’ottobre del 2023, dopo settimane di discussione, la Regione Lazio e il presidente Francesco Rocca hanno deciso di revocare la convenzione concessa in qualità di comodato d’uso gratuito dello stabile all’associazione “Lucha y Siesta”.
Quando è arrivata la notizia, l’associazione e le varie persone presenti all’interno si sono trovati in grandissima difficoltà.
In merito alla revoca il presidente Rocca e l’assessore alla Cultura, alle Pari opportunità, alle Politiche giovanili e della Famiglia, al Servizio civile, Simona Renata Baldassarre avevano detto che si trattava di un “atto dovuto”.
Avevano poi affermato che l’immobile si trovava in una condizione igienico sanitaria non idonea. Condizione alla quale “bisogna porre rimedio per fornire un’accoglienza dignitosa e a norma di legge”.
Dalla Regione e dal Ministero interessato avevano affermato che l’immobile doveva essere ristrutturato e necessitava di lavori.
L’intento della Regione e di Rocca era ed è quindi quello di promuovere un bando per ristrutturare l’edificio, assegnandolo a nuova destinazione. Gli stessi avevano parlato di un ricollocamento delle persone qui presenti presso altri centri di accoglienza per le persone vittime di violenze.
Noi di Tag24.it avevamo intervistato, a tal proposito, Viola Paolinelli, una delle responsabili di “Lucha y Siesta”. Ci aveva raccontato che loro non riuscivano (e non riescono tutt’ora) ad accettare la decisione della Regione Lazio di chiudere la Casa delle Donne, ristrutturarla e metterla a bando.
L’attivista Viola ci aveva riferito che la delibera andava ad “intaccare un percorso di comunità” che era invece stato accolto dalla giunta precedente, quella guidata da Zingaretti. Aveva parlato di “passo indietro”. Tuttavia il “gesto politico” non aveva stupito l’associazione.