Si avvia alle battute finali, il processo in corso a Bologna a carico di Giovanni Padovani, l’ex calciatore 27enne accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, consumatosi il 23 agosto del 2022 in via dell’Arcoveggio. Dopo l’arringa della pubblica accusa, oggi in aula hanno preso la parola i legali di parte civile. Poi toccherà all’avvocato Gabriele Bordoni, che assiste l’imputato. La sentenza è attesa per la prossima udienza.

Omicidio Alessandra Matteuzzi, verso la fine del processo a Giovanni Padovani: in aula le arringhe delle parti civili e della difesa

Giovanni Padovani voleva ridurre questa persona a una cosa priva di autonomia e anima. Voleva ridurre questa persona a una ‘res’. È un motivo che io ritengo abietto,

ha dichiarato, nel corso della sua arringa, l’avvocato Antonio Petroncini, che insieme alla collega Chiara Rinaldi assiste i familiari di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa a Bologna nell’agosto del 2022. Il riferimento è a una delle aggravanti constestate al 27enne finito a processo per il suo omicidio, nei confronti di cui la pubblica accusa ha già chiesto l’ergastolo.

Gli hanno fatto eco i legali che assistono l’Udi di Bologna e Sos Donna, le avvocate Rossella Mariuz e Francesca Chiaravalloti, ammesse come parti civili al processo insieme al Comune bolognese, rappresentato in aula, oltre che dal suo legale, dalla vicesindaca Emily Clancy. A breve sarà la volta dell’avvocato dell’imputato, Gabriele Bordoni.

È possibile che, dopo aver provato invano a far riconoscere Padovani seminfermo o infermo di mente, punti ad evitare le circostanze aggravanti (oltre a quella dei motivi futili e abietti, quelle dello stalking, del vincolo affettivo che lo legava alla vittima e della premeditazione) e a ottenere le attenuanti generiche.

La ricostruzione del femminicidio

Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Padovani – che era stato denunciato per stalking, venendo sottoposto a un divieto di avvicinamento -, avrebbe colto di sorpresa l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi sotto la sua abitazione in via dell’Arcoveggio, a Bologna, mentre lei era al telefono con la sorella.

L’avrebbe colpita prima con un martello che aveva portato con sé e che aveva nascosto dietro a una siepe, poi con calci e pugni e addirittura con una panchina, provocandole molteplici e gravi fratture alla testa e al torace, sotto gli occhi di diversi testimoni, residenti della zona che, dopo aver sentito le urla della 56enne, erano scesi in cortile per controllare che stesse bene.

“Padovani aveva uno sguardo alterato, ma era lucido“, ha raccontato, nel corso di una delle ultime udienze del processo a suo carico, una delle persone intervenute, che avrebbe anche provato a convincerlo a fermarsi, mentre lui, quando Alessandra era già a terra, continuava imperterrito a colpirla, accusandola di averlo tradito e di essere una “putt**a”.

Poco dopo la donna sarebbe morta a causa delle lesioni riportate. I legali dell’imputato sostengono che, a causa del disturbo di cui soffre, Padovani non fossé in sé, quando agì in questo modo. Una versione dei fatti categoricamente esclusa dai risultati a cui sono arrivati gli psichiatri che lo hanno visitato, secondo cui non solo era consapevole di ciò che stava facendo, ma avrebbe anche volutamente esagerato “i sintomi legati a patologie mentali“, forse per ottenere uno sconto di pena.

Rinviati a giudizio cinque haters della vittima

Mentre il processo a carico di Padovani si avvia alle battute finali, sta per aprirsi, sempre a Bologna, quello nei confronti delle cinque persone denunciate per diffamazione aggravata per aver offeso la memoria della 56enne rivolgendole critiche e insulti sui social dopo la sua uccisione. Tra loro ci sarebbero anche l’ex direttore della Croce Bianca di Ferrara Donatello Alberti e una donna che aveva chiesto di poter incontrare Padovani in carcere, sostenendo che fosse una sua amica.