La forte crescita degli NFT nell’ecosistema Bitcoin ha reso necessaria la ricerca di nuovi standard in grado di facilitarne l’emissione e lo scambio al suo interno. Da questa esigenza è derivata una prima risposta che sta destando molto interesse, la creazione dei token BRC-20.
Il protocollo dal quale sono nati i nuovi token è stato creato da un utente di Twitter chiamato Domo, il quale ha introdotto il nuovo standard sul mercato il 30 marzo del 2023. Il primo esemplare BRC-20 è stato ORDI e la sua comparsa ha scatenato una discussione molto interessante, tesa a capirne caratteristiche e potenzialità.
Token BRC-20: cosa sono?
Se ORDI è stato il primo token BRC-20 della storia, sulla sua scia ne sono arrivati ben presto molti altri, più o meno conosciuti. Se da un punto di vista tecnologico l’esordio del nuovo standard è da salutare positivamente, tramutandosi in un impulso per il settore, è anche importante cercare di capirne al meglio la portata, soprattutto da parte dei trader interessati a sfruttarne le potenzialità d’investimento.
Proprio da quest’ultimo punto di vista occorre sottolineare che la capitalizzazione dei token BRC-20 si è praticamente triplicata nell’arco di pochi giorni. Segno evidente del grande interesse da essi riscosso, in un momento in cui il mercato delle criptovalute sembra avviato ad una svolta, in positivo. Cui si aggiunge l’aumento del livello di congestione della blockchain di Bitcoin, su cui gli stessi si basano.
La domanda che si pongono in molti, però, è se si tratti di un fuoco di paglia o se, al contrario, questa nuova tipologia di token possa rivelarsi una vera e propria nuova frontiera per il trading di NFT.
Token BRC-20: come funzionano
I token BRC-20 sono creati attraverso il protocollo Ordinals, di cui si parla molto dal gennaio del 2023, quando ha portato i token non fungibili sulla blockchain di Bitcoin. Sono proprio loro a legare metadati in formato JSON (acronimo di JavaScript Object Notation) ai Satoshi, l’unità più piccola che forma il BTC. Il processo che lo consente si chiama inscription, iscrizione in italiano.
In pratica, i dati in questione non sono altro che le istruzioni su cui si fondano i token, a partire dai limiti di conio e dal codice che deve regolarne la distribuzione. Una volta che siano stati creati, i token BRC-20 sono aggiunti e salvati alla catena di Bitcoin.
A questo punto, chi ha creato i nuovi token è naturalmente in grado di utilizzarli come si fa con qualsiasi altro genere di criptovaluta. A partire naturalmente dalla compravendita, in vista della quale è necessario conservarli in un wallet Ordinal.
A questo punto, molti avranno ravvisato notevoli similitudini con i token ERC-20 che vengono periodicamente lanciati sulla Ethereum Virtual Machine. Se ci sono notevoli punti di contatto, però, occorre anche sottolineare alcune differenze di non poco conto.
Le differenze con i token ERC-20
La prima sostanziale differenza tra BRC-20 e ERC-20 è quella relativa alla catena su cui girano. Il fatto di basarsi su Bitcoin, in particolare, rende i primi incompatibili con la EVM e, di conseguenza, con gli smart contract su cui si basa la creazione di Vitalik Buterin.
Altra differenza sostanziale è da ravvisare nel livello di affidabilità dei due standard, che è più elevato per gli ERC-20. Questi ultimi, infatti, sono in circolazione ormai dal 2015. Un arco temporale che ha consentito loro un lungo rodaggio il quale ha limato le problematiche esistenti. Nel caso dei BRC-20 tale lavoro ancora non è stato condotto, con ciò che può conseguirne.
I timori in tal senso sussistono in particolare sulla sicurezza. Pur girando su Bitcoin non beneficiano dei suoi sistemi di sicurezza, diversamente da quanto accade per gli ERC-20. Considerata l’importanza di questo aspetto, non stupisce la diffidenza che ancora è loro riservata da molti addetti ai lavori.
C’è però un aspetto che sembra fatto apposta per favorirne l’affermazione, ovvero la semplicità che li caratterizza. Per crearli non sono necessari smart contract. eliminando quindi non solo la complessità dell’operazione, ma anche i costi collegati. Mentre a limitarne la portata potrebbe essere la mancanza di interoperabilità, un aspetto sempre più curato dagli investitori. Non resta quindi che attendere i prossimi anni per capire quali di questi fattori avranno la meglio.