Era il 1949 quando Alfred Winslow Jones, giornalista di Fortune e sociologo, creò il primo hedge fund. Da allora sono passati decenni, nel corso dei quali i fondi speculativi, come sono ormai indicati gli stessi, hanno conseguito un ruolo centrale nella finanza centralizzata. Un ruolo che ambiscono a ricoprire anche in quella decentralizzata, come è stato praticamente notificato dalla vicenda del pump and dump sulle azioni di GameStop.
Hedge fund: di cosa si tratta?
Come ricordato in avvio, il primo fondo hedge è stato creato nel 1949. Il suo creatore, Alfred Winslow, partì dall’osservazione delle attività di borsa e degli investimenti, per sviluppare una tecnica di gestione che si proponeva una riduzione del rischio connesso all’andamento del mercato senza però rinunciare a realizzare rendimenti elevati.
Per riuscire nell’intento, però, ben presto questi fondi debordarono dalle normative esistenti. In particolare, pensarono di sfruttare una crepa nelle leggi che regolavano i mercati finanziari statunitensi. L’Investment Company Act, varato nel 1940, prevedeva infatti la sua applicazione esclusivamente ai fondi composti da almeno 101 investitori. Per sfuggire al suo raggio d’azione limitarono il numero degli stessi a 99.
Nella strada tracciata, mancava soltanto lo strumento ideale per conseguire gli obiettivi iniziali, ovvero grandi guadagni con rischi ridotti. Venne individuato in una strategia ben precisa: l’individuazione di titoli sottovalutati da acquistare per guadagnare dalla crescita di prezzo e di asset che, al contrario, erano ritenuti sopravvalutati, sui quali si può quindi guadagnare in caso di una caduta della quotazione. Il tutto con l’aiuto fornito dalla leva finanziaria.
Sin qui nulla di straordinario o irregolare. Con il trascorrere del tempo, però, gli stessi fondi hanno pensato bene di dare vita a strategie molto più discutibili. In particolare coordinandosi per scatenare azioni contro i titoli che abbiamo descritto. Il caso di GameStop è un vero classico in tal senso. Ritenendo che il suo titolo fosse sopravvalutato i fondi speculativi hanno scommesso sulla sua caduta. Stavolta, però, si sono trovati a fronteggiare un esercito improvvisato, ma dotato di grande forza. Ovvero i redditors di WallStreetBet, che hanno al contrario pompato le azioni della società facendone salire il prezzo. Alla fine la vicenda si è rivelata un bagno di sangue, per gli hedge fund, costretti a lasciare miliardi di dollari sul terreno.
Esistono anche gli hedge fund crypto
Gli hedge fund si sono ritagliati una posizione di rilievo anche in una nicchia particolare come quella rappresentata dal mercato delle criptovalute. Tra quelli che si sono maggiormente distinti in tal senso occorre menzionare in particolare Pantera Capital, con il suo Blockchain Fund.
Proprio la composizione del portafogli del Blockchain Fund può dare un’idea della strategia condotta da questo genere di fondi speculativi. Al suo interno è infatti possibile reperire:
- l’investimento in token emergenti, ovvero quelli i quali mostrano un significativo potenziale di crescita;
- il finanziamento a favore di aziende criptovalutarie consolidate e token ormai affermati, ad esempio Bitcoin, Ethereum o Solana;
- operazioni di venture capital in progetti che si ritiene abbiano il potenziale per esplodere, come nel caso di Balancer e Alchemy Pay.
Naturalmente, per poter aderire a questi hedge fund crypto, occorre sostenere un prezzo d’ingresso. Solitamente, quello adottato prevede il versamento di una doppia commissione: una di gestione, tra l’1 e il 3% dell’investimento totale, e una di performance, commisurata ai profitti generati dal fondo. La seconda è molto più gravosa della prima, in quanto può posizionarsi tra il 10 e il 40% dei guadagni collezionati dall’investitore.
Si tratta quindi di strutture finanziarie riservate a clienti facoltosi, se si pensa che il Blockchain Fund di Ventura Capital accetta soltanto clienti dal milione di dollari in su. Ce ne sono naturalmente altri che propongono una soglia d’ingresso più limitata, ma sempre nell’ordine delle centinaia di migliaia di dollari.
Pro e contro
Gli hedge fund crypto stanno assumendo una notevole rilevanza per il settore dell’innovazione finanziaria. Stranamente, però, la loro percezione da parte degli attori del settore non è negativa come accade per quelli che operano nella finanza centralizzata. In pratica li si considera come la prova che gli investitori istituzionali stanno adottando le criptovalute, con quello che ne consegue a livello d’immagine.
A prescindere dalla percezione, occorre comunque sottolineare come gli hedge fund crittografici presentino alcuni vantaggi da tenere presenti, ovvero:
- una gestione patrimoniale caratterizzata dall’esperienza. Sono infatti condotti da professionisti che conoscono alla perfezione il mercato e sanno come fronteggiarne le difficoltà. Hanno quindi una maggiore capacità di comprendere e anticiparne le tendenze, ottimizzando i guadagni e riducendo il rischio di eventuali perdite;
- un elevato potenziale in termini di rendimenti. I fondi speculativi crypto conducono strategie estremamente aggressive, caratterizzate da elevato grado di rischio, ma anche da rendimenti proporzionali a quello corso. Contrariamente ai fondi tradizionali, gli hedge fund portano avanti politiche attive che prevedono un continuo scambio di asset, in modo da poter sfruttare le oscillazioni del mercato.
A fronte di questi vantaggi, i crypto hedge fund comportano anche alcuni rischi, da mettere sull’altro piatto della bilancia. In particolare:
- le commissioni molto elevate, tali da andare infine ad erodere in maniera significativa il potenziale in termini di rendimento delle operazioni approntate di volta in volta;
- forti limiti in termini di accessibilità, resi tali dalla necessità di un investimento di partenza molto consistente. Di conseguenza si tratta di un’opzione disponibile solo per investitori molto facoltosi, che possono permettersi di versare centinaia di migliaia di dollari per farne parte.
- il rischio intrinseco, tipico dei mercati criptovalutari. Se i mercati finanziari sono volatili per definizione, quelli su cui si contrattano asset virtuali lo sono ancora di più. Si tratta quindi di uno strumento adatto agli investitori che non temono di assumersi rischi superiori alla media, pur di strappare rendimenti più elevati.