La trasmissione Quarto Grado ha diffuso nella puntata andata in onda ieri sera, venerdì 19 gennaio, gli audio dell’interrogatorio dei magistrati a Matteo Messina Denaro avvenuti in carcere. Il boss ha dichiarato di non far parte di Cosa Nostra, precisando di conoscere l’esistenza dell’organizzazione unicamente da quanto appreso sui quotidiani. Inoltre, ha voluto ribadire la sua estraneità al delitto Di Matteo, pur confermando il suo coinvolgimento nel sequestro. Niente droga poi nei suoi affari: “Ero già ricco di mio”.

Gli audio dell’interrogatorio in carcere del boss Messina Denaro: “Non faccio parte di nessuna associazione”

A un anno dalla sua cattura e dopo quattro mesi dalla morte, la voce di Matteo Messina Denaro risuona in televisione. Durante l’ultima puntata di Quarto Grado, il talk show investigativo in onda il venerdì sera su Rete4 condotto da Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero, sono stati diffusi gli audio degli interrogatori del boss durante la sua detenzione nel carcere de L’Aquila.

In base a quanto dichiarato di fronte ai giudici, l’ex latitante ha negato di appartenere a un’organizzazione criminale. “Non faccio parte di nessuna associazione – ha dichiarato ai magistrati – quello che so di Cosa Nostra lo so tramite i giornali“.

Messina Denaro non ordinò di sciogliere nell’acido Giuseppe Di Matteo: “La morte del sequestrato non ha senso”

Un passaggio molto significativo riguarda la morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, crimine di mafia tra i più efferati mai attuati. Pur confermando il suo coinvolgimento nel rapimento del figlio del pentito Mario Santo Di Matteo, Messina Denaro esclude in maniera perentoria ogni responsabilità in merito alla sua tragica fine, sciolto nell’acido. “Lo volevo chiarire, per un fatto di coscienza” ha precisato il boss, aggiungendo poi che l’obiettivo di un sequestro non è la morte “Altrimenti non avrebbe senso”.

La latitanza tra estero e Italia: “Era un mio diritto restare libero”

Il capo mafia ha poi raccontato di essersi trasferito all’estero, senza però indicare il luogo preciso, e che solo la malattia lo avrebbe riportato in Italia. Gli utlimi anni, infatti, li avrebbe dedicati a sfuggire alla cattura, resa possibile, a suo dire, solo perché malato e costretto alla vita sedentaria vicino ai familiari. “Ho protetto la mia libertà, perché era un mio diritto restare libero” ha quindi sottolineato Messina Denaro.

Il boss ha respinto poi ogni accusa relativa a coinvolgimenti nei traffici di droga. Figlio di un commerciante di opere d’arte, l’ex latitante ha assicurato di non aver mai avuto bisogno di occuparsi di certe “porcherie”, affermando orgogliso: “Ero già ricco di mio“.