Davanti agli inquirenti che lo hanno interrogato, Daniele Maiorino, fermato negli scorsi giorni con l’accusa di aver ucciso il cognato 57enne Alessio Cini, trovato morto carbonizzato nel giardino della sua abitazione ad Agliana, nel Pistoiese, lo scorso 8 gennaio, ha dichiarato di non essere coinvolto nel delitto. In auto, intercettato mentre pensava di essere al sicuro, aveva però ricostruito nel dettaglio i momenti salienti della morte dell’operaio.
Omicidio Alessio Cini, cosa ha detto il cognato Daniele Maiorino intercettato
L’ho ammazzato… che fine di me**a. L’ho preso a calci, gli ho rotto lo sterno… il costato… l’ho troncato… […]. Il sangue gli veniva fuori… ho commesso un omicidio. Ho perso il capo… può essere no? Gli ho dato fuoco,
avrebbe detto Daniele Maiorino parlando con sé stesso ad alta voce in auto poco prima di essere fermato con l’accusa di aver ucciso il cognato 57enne Alessio Cini, trovato morto carbonizzato la mattina dell’8 gennaio scorso ad Agliana, nel Pistoiese. A riportare il contenuto delle intercettazioni, finite agli atti delle indagini, è Il Corriere della Sera.
Secondo l’accusa si tratterebbe di una vera e propria ammissione di colpa. Ma il 58enne, interrogato dopo il fermo (avvenuto giovedì sera) in presenza del suo legale, l’avvocata Katia Dottore Giachino, ha negato ogni accusa, sostenendo di non aver preso parte al delitto. Lunedì prossimo il giudice per le indagini preliminari dovrà decidere se convalidarne il fermo.
La ricostruzione del delitto e i dubbi sul movente
Stando a quanto ricostruito finora grazie all’analisi dei filmati delle videocamere di sorveglianza installate nei pressi dell’abitazione di Cini e all’audizione di diversi testimoni, il suo omicidio sarebbe avvenuto tra le 5.52 e le 5.59 dell’8 gennaio. Attorno alle 5.40, prima di andare al lavoro, Maiorino sarebbe uscito per acquistare una tanica di benzina, tornando verso le 5.50.
A quel punto, secondo i carabinieri, avrebbe incontrato il cognato – che lavorava come operaio tecnico per un’azienda tessile – e gli avrebbe teso un agguato, colpendolo con una spranga e dandogli fuoco mentre era ancora vivo. Poco dopo alcuni residenti della zona avrebbero chiamato il 112, chiedendo l’intervento dei vigili del fuoco dopo aver notato fumo e fiamme provenire dalla villetta.
Al loro arrivo Cini era già morto. La figlia era stata presa in custodia temporanea proprio da Maiorino, che forse sperava di ottenerne l’affidamento per mettere le mani sui suoi beni. L’ipotesi è che abbia agito, infatti, per motivi economici: uccidendo Cini, che aveva da poco ereditato un milione di euro dalla madre morta – sperava di risollevarsi, evitando il pignoramento della sua abitazione, che altrimenti sarebbe stata messa all’asta.
Sembra che stesse vivendo un periodo particolarmente complicato. Intervistato dai giornalisti Rai che si erano recati sul posto dopo la morte del cognato, si era mostrato imperturbabile, sostenendo che fosse “una bravissima persona, che non aveva nemici”. Si era subito pensato a un caso di suicidio, poi l’autopsia aveva rilevato sul suo corpo ferite compatibili a un’aggressione preceduta all’incendio, facendo nascere il sospetto che fosse stato ucciso.
Chi è Daniele Maiorino
Daniele Maiorino, 58 anni da pochi giorni, lavora come piccolo imprenditore nel settore infissi e con la sua famiglia abita al pianterreno della villetta di più piani nel cui giardino lo scorso 8 gennaio era stato trovato il corpo senza vita di Alessio Cini, che – dopo essersi separato dalla moglie – viveva al primo piano dello stabile insieme alla figlia adolescente.
I sospetti si erano concentrati su di lui anche perché, secondo i testimoni, il cane della vittima – nel corso dell’omicidio – non aveva abbaiato, come se conoscesse il suo assassino. È accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo che lo legava alla vittima e dall’aver agito con sevizie e crudeltà.