Una scossa alla staticità della riforma delle pensioni del 2024 l’ha data l’istituto Itinerari Previdenziali di Alberto Brambilla, già sottosegretario al ministero del Lavoro, che ha proposto l’istituzione di un superbonus per chi rimanga a lavoro rinunciando ad andare in pensione al momento della maturazione dei requisiti. La misura è da valutare per la convenienza, di certo alla stregua di quanto già accade, in maniera molto simile, per quota 103, confermata per il 2024 insieme al cosiddetto “Bonus Maroni” che consente di avere un premio in busta paga per i lavoratori che rinuncino a uscire dal lavoro nonostante la maturazione dei 62 anni di età unitamente ai 41 anni di contributi richiesti per la misura. 

Proprio le quote sono messe in discussione nell’XI Rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2022”, lo studio di Itinerari Previdenziali in merito all’andamento delle pensioni anche alla luce dei recenti sviluppi dell’aumento della spesa previdenziale. 

Riforma pensioni 2024 superbonus e via le quote di uscita 

Un superbonus per chi rimane al lavoro rimandando l’uscita e l’alt alle quote (da quota 100 fino all’attuale quota 103), è quanto propone Itinerari Previdenziale in sede di riforma delle pensioni per il 2024. Con molti spunti di riflessione per arrivare a una legge organica che riformi effettivamente tutti i canali di uscita alternativi a quelli della legge Fornero.

Proprio questi canali di uscita anticipata hanno causato due conseguenze: la prima è la bassa età media di uscita per la pensione; la seconda è l’aumento della spesa previdenziale che ha vanificato parte dei tagli della riforma Fornero del 2011. 

Diminuisce l’età media di pensionamento anticipato 

Se si considera il decennio successivo alla legge Fornero (dal 2012 al 2022), l’età media di uscita per la pensione anticipata è calata ulteriormente e progressivamente. Nel 2021, infatti, con i canali anticipati si usciva a 61,8 anni per gli uomini (62,5 nel 2019 e 61,9 nel 2020) e 61,3 anni per le donne (62,4 nel 2019 e 61,3 nel 2020).

Nel 2022 l’uscita è avvenuta anche prima: a 61,6 anni i lavoratori e a 61,2 le lavoratrici. L’uscita ideale avrebbe dovuto aggirarsi intorno ai 64 anni. Considerando l’età effettiva di pensionamento (comprendendo anche la vecchiaia), si arriva a 63 anni, ma si tratta di una della età più basse tra i Paesi più avanzati, nonostante una speranza di vita (e quindi una permanenza maggiore del pensionato nella terza età) tra le più alte al mondo. 

Canali di uscita anticipata limitati per la pensione 

Proprio in rapporto a queste considerazioni, Itinerari Previdenziali arriva a formulare alcune proposte di riforma delle pensioni e all’istituzione di un superbonus, ovvero di un premio per chi rimanga a lavoro fino a oltre i 70 anni di età. Innanzitutto andrebbero ridotte le misure di pensione anticipate attualmente a regime.

Ci si riferisce a tutte quelle formule differenti dai due canali della riforma Fornero (pensione di vecchiaia e pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con sconti da introdurre per mamme lavoratrici e precoci). Via dunque le quote e altre formule settoriali, per far spazio a fondi esubero, isopensione e contratti di solidarietà (questi ultimi non confermati dalla legge di Bilancio 2024).  

Riforma pensioni 2024, spunta l’ipotesi di un superbonus per chi rimane a lavoro: che cos’è e quanto conviene 

La vera novità suggerita da Itinerari Previdenziali è quella di un superbonus, ovvero di un premio, per chi scelga di rimandare la pensione nonostante la maturazione dei requisiti per l’uscita. Il bonus dovrebbe accomunare sia i lavoratori del sistema previdenziale contributivo puro che quelli del misto.

Si dovrebbe favorire, dunque, l’uscita a 71 anni di età fruendo del 33 per cento di premio in busta paga, al netto delle imposte nel cedolino mensile. La percentuale corrisponde all’aliquota contributiva di norma versata dal datore di lavoro per i contributi dei dipendenti. Con circa un terzo di stipendio in più i lavoratori dovrebbero essere invogliati a rimanere a lavoro il più a lungo possibile.