Di fronte alle Sezioni Unite penali della Cassazione, il procuratore generale Pietro Gaeta ha definito reato il saluto romano quando si sostanzia in un “pericolo concreto per l’ordine pubblico“. Con tale motivazione, il magistrato ha chiesto di confermare la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva condannato 13 esponenti di un movimento di estrema destra, partecipanti a una manifestazione non autorizzata del 2018 in memoria di Sergio Ramelli. Una interpretazione giuridica molto importante quella esposta oggi, che arriva dopo le recenti polemiche scaturite in seguito alla manifestazione di via Acca Larentia. Decisivo sarà il parere della Cassazione.

Saluto romano: per il procuratore della Cassazione Gaeta è reato quando diventa un pericolo concreto per l’ordine pubblico

Le roventi polemiche seguite alla manifestazione di via Acca Larentia sembrano essere arrivate a una svolta importante dopo l’intervento del procuratore generale Pietro Gaeta di fronte alle Sezioni Unite penali della Cassazione, chiamate a sciogliere un nodo interpretativo. In assenza di un quadro normativo dai contorni netti, l’indicazione del pg dell’Alta Corte diventa un valido solco entro cui determinare la fattispecie di reato in caso di saluto romano.

Fino ad ora, il braccio alzato non costituisce reato in base alla Legge Scelba e alla Legge Mancino, a meno che non ci sia un reale rischio di riorganizzazione di un neo partito fascista o di perseguire obiettivi antidemocratici e discriminatori. L’interpretazione della norma proposta da Gaeta considera invece reato il saluto romano quando la sua esecuzione comporta “un potenziale rischio per l’ordine pubblico”.

“Cosa diversa è la finalità commemorativa” ha specificato il procuratore generale, aggiungendo che bisogna distinguere tra “quattro nostalgici” con il braccio alzato e una manifestazione di 5mila persone, potenzialmente molto più rischiosa per la pubblica sicurezza. Nella seconda ipotesi, dunque, ricadrebbe anche l’evento di Acca Larentia.

Il pg Gaeta all’Alta Corte: “No a sentenze a macchia di leopardo”

Individuando nello specifico la circostanza che determina la fattispecie di reato per il saluto romano, adesso sarà più semplice emettere sentenze in materia. “La nostra democrazia giudiziaria è forte e sa distinguere” ha dichiarato Gaeta, aggiungendo che non si può realizzare una giustizia “A macchia di leopardo, in cui lo stesso gruppo viene assolto da un tribunale e condannato da un altro”.

Le motivazioni del procuratore in Cassazione sono state esposte a sostegno della richiesta di conferma della sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha condannato alcuni esponenti di un movimento di estrema destra, autori del saluto romano durante la manifestazione, tenutasi il 29 aprile del 2018, in memoria di Sergio Ramelli, il militante del Fronte della gioventù ucciso a Milano nel 1975.

La sentenza confermava a sua volta la decisone della Terza sezione penale di Milano che aveva condannato 13 partecipanti all’evento con l’accusa a vario titolo di manifestazione fascista, incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, oltre al saluto romano realizzato durante il cosiddetto “Appello del Camerata”.

Il saluto fascista rientra nel perimetro punitivo della “legge Mancino” quando realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico. Acca Larentia con 5 mila persone è una cosa diversa di quattro nostalgici che si vedono davanti ad una lapide di un cimitero di provincia ed uno di loro alza il braccio. Bisogna distinguere la finalità commemorativa con il potenziale pericolo per l’ordine pubblico. La nostra democrazia giudiziaria è forte e sa distinguere. È ovvio che il saluto fascista sia una offesa alla sensibilità individuale. Diventa reato quando realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico. Non possiamo avere sentenze a macchia di leopardo in cui lo stesso gruppo viene assolto da un tribunale e condannato da un altro